Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
“n. 66, 67, 68, e 69 Disegni simili [a acquerello e penna] nei quali sono rappresentati Michelagnolo, Taddeo, Polidoro e Raffaello allegoricamente”: grazie a questa descrizione presente nell’inventario di Pelli Bencivenni è possibile identificare il disegno in esame all’interno della collezione mediceo-lorenese sotto la voce d Federico Zuccari. Il foglio faceva parte del gruppo in cui sono ritratti quelli che Federico individuava essere i tre modelli del fratello, che racchiudeva nel suo stile la possanza statuaria michelangiolesca, la grazia raffaellesca e la capacità di comporre e distribuire storie propria di Polidoro. Michelangelo viene, infatti, ritratto nelle vesti diu una sua stessa opera eccelsa, il ‘Mosè’, all’interno di una nicchia circondata dagli strumenti del mestiere. Formelle tonde e oblunghe all’esterno della nicchia includono figure allegoriche che definiscono Michelangelo come sommo artista in tutte le discipline: in alto l’architettura, a destra la scultura, a sinistra la pittura, immagini che riportano al principio di unità delle arti-sorelle, in cui credeva anche Federico. Del disegno esiste anche una versione dipinta, oggi nella Pinacoteca Comunale di Macerata, realizzata a olio su teli di cuoio. L’inusuale supporto permetterebbe di avvalorare l’ipotesi che queste opere fossero pensate per Palazzo Zuccari a Roma: la funzione isolante del materiale da apporre alle pareti delle sale si sarebbe così perfettamente sposata ai fini fortemente didascalici dell’intero ciclo, corrispondente alla concezione teorica che Federico esponeva di volta in volta negli incontri culturali che avevano sede nella sua casa. Sullo stesso supporto sono infatti realizzati altri pannello conservati a Roma, nella Galleria Nazionale di Arte Antica e raffiguranti altri episodi delle storie tra cui ‘Taddeo studia il Giudizio di Michelangelo’ e ‘Taddeo torna a Roma scortato da Disegno e Spirito . D’altro canto al “celeste Angel Michele” Federico dedica anche dei versi nel suo “Il lamento della Pittura’ del 1605: “Mercé della maniera alta, e soprana,/ C’ebbe il gran Michel Angel Bonarota/ Sublime in vero, e d’arte soprahumana.” (scheda a cura di Maria Elena De Luca, pubblicata in Firenze 2009-2010; redazione del testo per la pubblicazione sul sito del Progetto Euploos a cura di Aliventi R.)