Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Al centro, la personificazione della Giustizia siede su un masso ai piedi di un albero, forse una quercia. Poggia un piede su una cornucopia ricolma di frutti della Terra e, mentre tiene in una mano la bilancia, con l'altra elargisce doni preziosi e onorificenze (una collana d'oro, una coppa, una corona, una catena) a un uomo inginocchiato. Questi, vestito miseramente e scalzo, presenta un atteggiamento umile e nobile al tempo stesso. Alle sue spalle, due buoi aggiogati lo hanno accompagnato lungo l'erta salita. Sulla destra si intravede un paesaggio campestre, tratteggiato sinteticamente, dove un altro contadino sta falciando il grano. Si tratta di un interessante studio compositivo relativo a una delle scene dipinte da Federico Zuccari nel 1563 entro scomparti su un impianto a stucco bianco e oro, nella volta dello scalone di Palazzo Grimani in Santa Maria Formosa a Venezia, di recente restaurato. Alla medesima composizione di associano un precedente foglio con studi vari, comprendente la figura della Giustizia col contadino (inv. 2607 S), e l'incisione derivata poi nel 1566 da Cornelis Cort (B. LII, 255, 223) . Elaborando la scena allegorica della Giustizia distributiva, Federico prende le distanze dai modelli antichi, almeno in parte, per trarre spunti originali probabilmente da stampe nordiche, specie fiamminghe e francesi, raffiguranti scene aneddotiche a scopo moraleggiante, molte delle quali edite da stampatori a veneziani nella seconda metà del Cinquecento. L'iconografia della scena, dettata forse dallo stesso Grimani, paragona la fatica dell'uomo virtuoso, che lotta contro invidie e maldicenze, a quella del contadino, che spesso vede vanificato il suo duro lavoro dalle intemperie; entrambi svolgono, quotidianamente, un'attività faticosa svolta con diligenza, amore e impegno, nonostante le avversità. A ben vedere, però, come ha notato la Herrmann Fiore, nel disegno la figura del contadino pare presentare i tratti dello stesso Zuccari, che nell'immagine dell'uomo umile e operoso che lavora nei campi salvando il raccolto (forse desunta da miniature fiamminghe viste proprio in collezione Grimani) trovava uno dei motivi poi più amati per i richiami alla propria vicenda personale. Anche il bue e il "toson di bue" quali simboli del 'Labor' dell'artista - la fatica imposta dal proprio lavoro - torneranno in opere successive . Del resto, il bue è anche animale sacro a Dioniso, ispiratore dell'opera d'arte, e il simbolo apocalittico di san Luca evangelista, protettore dei pittori e delle loro corporazioni e accademie (Herrmann Fiore 1992). Dunque l'artista ha tradotto l'invenzione per il dipinto Grimano in chiave autobiografica per elaborare un modello per l'incisione, che inaugura una serie di invenzioni di Federico mirate all'autopromozione. In effetti, il disegno presenta alcune varianti rispetto al dipinto, in particolare ai margini laterali (la testa del bue, i tronchi), che lo pongono invece in stretta relazione con l'incisione. Inoltre, non sembra causale che il Cort abbia inserito nella stampa la scritta "Federicus Zuccarus Urbinas invenit" proprio sotto la figura del contadino inginocchiato. (Il testo è desunto dalla scheda di Elena Capretti pubblicata in Firenze 2009-2010; inserimento del testo a cura di Aliventi R.)