Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Il disegno in esame è uno dei primi studi per la figura della Vergine nell’‘Annunciazione’, realizzata da Federico Barocci tra il 1582 e il 1584 per la cappella dei Duchi di Urbino nella Basilica di Loreto. La relazione con il dipinto, oggi conservato alla Pinacoteca Vaticana, è stata individuata da August Schmarsow nel 1909 e non è mai stata messa in dubbio dalla critica successiva. L'idea iniziale è individuabile sul verso del foglio, dove viene schizzata una sagoma con le mani giunte al petto; essa è poi ripresa e rielaborata sul recto, con una significativa variazione nel movimento degli arti superiori . Qui, per la messa a punto della posa, Barocci ricorre allo studio sul nudo sia maschile, probabilmente condotto dal vero, che femminile, con una fisionomia decisamente più astratta. Per la sua aderenza al dato naturale, parte della critica ha ritenuto la figura virile il punto di partenza per l’ideazione della Madonna . Un’interpretazione diversa, con la quale concordo, è stata invece proposta da Marzia Faietti (2009; 2012), che ritiene la sinteticità del corpo muliebre frutto di un primo quanto rapido abbozzo di un’immagine mentale, che assume consistenza solo in un secondo momento attraverso il ricorso al modello maschile. La compresenza di ideale e reale si ripete nuovamente anche nei due volti tracciati sulla destra dell’inv. 11293 F recto. Se il viso in alto mostra tratti desunti dal vero, in quello sottostante la fisionomia risulta sublimata per accordarsi alle fattezze eteree di Maria. Il nostro disegno è così un perfetto esempio dell'armoniosa alternanza “between nature (the use of life models and direct exploration of daily life) and art, recreated in the enclosed space of the studio and in the 'rooms' of Barocci’s memory” . Per la Vergine ci restano numerosi studi preparatori, in cui l’artista compone progressivamente la posa, le vesti e il volto . Questa serie mette perfettamente in luce come la progettazione per l'urbinate sia un percorso fatto di continue riformulazioni. Sulla base dell'indagine anatomica presente nell'inv. 11293 F recto, l'artista esamina nuovamente, nell'inv. 11343 F recto del GDS , la figura che, pur presentando lineamenti ancora astratti, acquisisce una maggiore definizione e volumetria . Nella parte destra, Barocci imposta anche una prima idea per il manto, elemento che concorre a esaltare la gestualità e la delicata maestosità della Madonna. Ad esso sono interamente dedicati altri due disegni degli Uffizi, corrispondenti ai numeri di inventario 11439 F e 11616 F. Nel primo, partendo dallo schizzo centrale del verso, il manto assume attraverso sei passaggi grafici consecutivi una propria fisionomia volumetrica. La formulazione finale, presente sulla sinistra del recto, viene perfezionata nell’inv. 11616 F, dove l’artista recupera un punto di vista maggiormente scorciato, vicino all’impostazione degli studi sul nudo e alla soluzione dipinta. Particolare attenzione è riservata alla resa dei contrasti chiaroscurali, che conferiscono tridimensionalità al tessuto e permettono di verificare l'effetto di una fonte luminosa proveniente da destra. Oltre a questi fogli, per i quali la critica non ha mai sollevato dubbi, sono conservati al GDS, altri due disegni per la Vergine (invv. 11392 F, 11295 F), che peraltro presentano alcune problematiche. Per quanto riguarda l'inv. 11392 F è possibile notare come la parte a pietra rossa sia frutto di un ripasso successivo, che copre il tracciato sottostante, compromettendone la lettura. Probabilmente la presenza di un intervento così invasivo ha indotto Babette Bohn a rifiutare l'autografia baroccesca, che invece emerge chiaramente sia nella costruzione volumetrica della figura sia nell'estrema morbidezza con cui è realizzato il particolare del drappeggio nella parte superiore. Pareri contrastanti sono stati espressi dalla critica anche per l'inv. 11295 F che, presentando una postura leggermente diversa, in particolare nell’inclinazione della testa, è spesso escluso dal nucleo dei fogli preparatori. Filippo Di Pietro (1913, p. 52), per primo, lo ha accostato a un'‘Annunciazione’ conservata ai Musei Civici di Pesaro e attribuita alla bottega di Barocci , al quale rimarrebbe comunque ascritta l’ideazione grafica. Tale ipotesi è stata accolta da Pasquale Nerino Ferri, come dimostra l’inventario manoscritto a schede, compilato fra il 1879 e il 1881, dove il riferimento alla pala vaticana viene chiaramente sostituito con quello alla tela pesarese . Harald Olsen, nella sua monografia sull’urbinate del 1962 (pp. 178, 186 sotto il n. 43), ha inoltre sottolineato l’assoluta vicinanza tra il nostro disegno e la Vergine della ‘Circoncisione’ (ante 1590, Paris, musée du Louvre) . Il legame con l''Annunciazione' per Francesco Maria II è stato ricordato nel 1975 sia da Andrea Emiliani che da Giovanna Gaeta Bertelà e infine affermato, con maggior puntualità, da Babette Bohn nel catalogo sulla mostra del 2012-2013 . In tale occasione esso è stato, infatti, considerato lo studio più vicino alla realizzazione pittorica. In realtà, delineare una progressione certa dell’elaborazione grafica risulta estremamente complesso a causa delle incessanti variazioni presenti anche nei restanti quattro fogli incentrati sulla figura femminile intera, di cui due conservati sempre agli Uffizi (inv. 11472 F recto e inv. 11473 F recto) . In questi ultimi, a differenza degli studi sul modello vestito finora analizzati, mentre la posa appare perfettamente delineata e prossima alla soluzione finale, è sottoposto a una completa revisione il manto, che avvolge il braccio sinistro e lascia scoperto il destro, formando un ampio drappeggio dietro le spalle . Anche in questi due disegni sono presenti degli interventi successivi, che risultano sostanzialmente speculari. In entrambi, infatti, la biacca, sicuramente presente già in origine, è stata rafforzata. A causa di questa interpolazione alcune parti appaiono leggermente rigide e appiattite. Le continue modifiche nella definizione della figura riguardano in particolare la messa a punto della gestualità della Vergine, per la quale l’artista prende in considerazione due alternative: una con le braccia raccolte al petto, in atto di preghiera, visibile già sul verso dell’inv. 11293 F, e l’altra con l’arto destro piegato verso il seno e il sinistro proteso in avanti. Quest’ultima, che è la soluzione adottata nel dipinto, risulta ampiamente analizzata sia sul modello nudo (inv. 11293 F recto, inv. 11343 F recto) sia su quello vestito (11392 F, inv. 11472 F recto e inv. 11473 F recto). L’attenzione riservata alla resa gestuale, che risponde a precise esigenze comunicative, rivela l’importanza assunta da questo aspetto all’interno dell’economia del dipinto. La mano destra con il palmo rivolto verso l’esterno in segno di saluto indirizzato all’Arcangelo Gabriele, e di conseguenza allo spettatore, sottende anche l’accettazione del messaggio divino, che trova la sua più alta espressione nelle Sacre Scritture, sorrette dalla mano sinistra della Vergine. (Roberta Aliventi 2016)