Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Il recto del disegno presenta uno studio per la pia donna che sotto la Croce sostiene la Vergine Maria svenuta, gruppo posto in basso a destra nella pala perugina della ‘Deposizione di Cristo’. Il foglio è ricordato per la prima volta da Filippo Di Pietro (1909) in occasione della sua attribuzione a Barocci di uno studio di testa di santa conservato all’Albertina di Vienna, precedentemente ascritto al Domenichino . Secondo lo studioso, il disegno in oggetto dovrebbe collocarsi tra gli altri due disegni sopra menzionati: rispetto allo studio dell’Albertina, è accennato il motivo dell’acconciatura a trecce e inizia a precisarsi il morbido ripiegarsi delle vesti sul corpo, apparendo ancora contenuto il senso di dolore della pia donna. Nelle pubblicazioni successive (Ferri/ Di Pietro in Firenze 1912-1913; Olsen 1955; Idem 1962), il foglio viene solo citato oppure ne è descritto brevemente il profilo mosso e articolato del panneggio (Emiliani 2008; Bohn in Saint Louis-London 2012-2013). In occasione della mostra fiorentina del 1975 dedicata alla grafica di Barocci, Giovanna Gaeta Bertelà inquadra il foglio inv. 11341 F all’interno della serie di studi dedicati da Barocci al gruppo di pie donne che sostengono la Vergine, ricostruendone l’iter creativo. Il primo disegno in cui l’artista studia questo gruppo sembra essere l’inv. 1652 della Galleria Nazionale delle Marche, dove si riconoscono due studi di nudo in controparte rispetto alla redazione finale . A questa fase segue l’analisi della posa della Vergine che sviene e delle Marie che accorrono in suo soccorso, figure studiate di spalle e frontalmente, rispettivamente visibili sul verso del disegno inv. D. 725 conservato alla Scottish National Gallery di Edimburgo e sul recto dell’inv. 2851 del Département des Arts graphiques del Louvre . Di poco posteriori dovrebbero essere i fogli degli Uffizi invv. 11312 F r. e 11595 F v. , che ripropongono il medesimo soggetto: nel primo studio di nudo da un modello, appare il corpo esanime della Vergine; nel secondo le figure sono panneggiate. Peraltro, sul verso del primo disegno viene riproposto un ulteriore studio per la pia donna inginocchiata, in questo caso con la gamba destra allungata. Giovanna Gaeta Bertelà, infine, ricorda il disegno di Berlino con panneggio, inv. KdZ 20469 (4301) , e quello del Musée des Beaux-Arts di Lille, inv. W. 4502 r. , in cui è reiterato lo studio della Maddalena che sostiene la Vergine. Questi fogli testimoniano il meticoloso, quasi estenuante, metodo di lavoro adottato da Barocci per conferire all’opera finale armonia ed equilibrio e allo stesso tempo svelano un legame inscindibile di luce e colore, un’indivisibilità del processo grafico da quello pittorico, entrambi basati sull’assidua ricerca espressiva ed emozionale condotta dal pittore . Secondo Gaeta Bertelà, il disegno in esame sarebbe stato realizzato nel 1569, a chiusura della serie di studi e in prossimità del dipinto. La questione cronologica, in mancanza di date certe, è però molto complessa e possiamo in verità solo ipotizzare la sequenza di realizzazione dei disegni. È peraltro probabile che Barocci abbia variato, a distanza di tempo, le pose e le attitudini delle figure precedentemente solo abbozzate e non è dunque da escludersi l’ipotesi che il disegno si situi immediatamente prima di quello conservato a Lille, che corrisponde precisamente alla soluzione finale del dipinto – infatti, rispetto all’inv. 11341 F, rivela un’indagine più accurata dell’incresparsi delle pieghe nel panneggio e della fisionomia del volto –. Commissionata nel 1568 dal Nobile Collegio della Mercanzia di Perugia, l’opera rappresenta per Barocci il primo incarico ufficiale e veramente impegnativo dopo il ritorno da Roma e inoltre riflette il clima culturale respirato dal pittore durante il suo soggiorno nella città papale. Al contempo, la complessità compositiva, testimoniata dal consistente numero di disegni preparatori, manifesta la grande originalità del linguaggio pittorico di Barocci e le sue indubbie capacità. Infatti, la sua ‘Deposizione’ – brano evangelico già magistralmente affrontato da pittori come Raffaello, Rosso Fiorentino, Daniele da Volterra, Taddeo Zuccari – rappresenta una personale interpretazione del noto episodio sacro: l’originalità dell’opera risiede non solo nel dinamismo cromatico vibrante, ma anche nell’iconografia proposta, che nasce da una sorta di mediazione tra Raffaello e Daniele da Volterra: nel ‘Trasporto di Cristo Morto’ dell’Urbinate, il corpo scultoreo della Madonna viene infatti bloccato e sostenuto dalle braccia della donna seduta di spalle, con una torsione della schiena di michelangiolesca memoria ; nella tesa e drammatica ‘Deposizione’ di Daniele da Volterra a Trinità dei Monti viene invece rappresentata un’azione più teatrale mediante il tentativo della pia donna di rianimare la Vergine, scuotendola e chiamandola . Sul recto del disegno in esame, Barocci ha inizialmente fissato con un tratto leggero le posture delle due donne. Appena definito è il corpo esanime della Madonna, mentre ben studiato è lo sforzo fisico richiesto alla pia donna che, con sollecitudine quasi filiale, sorregge la testa della Vergine riversa all’indietro: tale sforzo è dissimulato dalla naturalezza della posa inginocchiata e dalla delicata espressione degli occhi lacrimanti che guardano “la faccia smorta e fredda della Vergine tramortita” . Successivamente l’artista si è soffermato sugli effetti della luce e delle ombre sulle figure ricorrendo allo sfumino e a pennellate di biacca e sfruttando il contrasto del colore ceruleo della carta. Sul volto della donna, con le palpebre socchiuse, l’accentuato gioco luce-ombra trasmette con efficacia quella patetica emozione che contraddistinguerà la redazione dipinta; sul panneggio, le modulazioni chiaroscurali seguono morbidamente la torsione del corpo della donna e l’ingombro delle gambe nella figura inginocchiata. La quadrettatura con ogni verosimiglianza venne tracciata successivamente alla realizzazione delle figure, al fine consueto di trasportarle su un nuovo foglio in scala proporzionale maggiore si osservi, nell’area interessata dalle figure, la netta evidenza delle linee, la cui regolarità geometrica scompare, a tratti, solo laddove l’artista sembra essere più volte ritornato per creare particolari effetti di ombra. Sempre sul recto, in alto a destra, sono schizzate delle linee circolari che abbozzano con tutta probabilità la manica sinistra, aperta, della tunica di san Bernardino: una soluzione che, nel dipinto, trova ragione nel gesto del santo, al contempo di protezione e sostegno verso la pia donna e, soprattutto, di sgomenta invocazione a Dio. Da notare come la soluzione suggerita nel foglio per la mano di san Bernardino avrebbe, almeno parzialmente, nascosto la figura della pia donna, inducendo Barocci, nella stesura definitiva, a portarla sensibilmente più in alto. Sul verso è visibile uno studio di panneggio, tratteggiato a pietra rossa e a carboncino: l’artista studia le increspature del tessuto affinché seguano in maniera naturale i movimenti del corpo umano. A causa della frammentarietà del disegno, non è possibile valutare la sua relazione con la ‘Deposizione’ (Gaeta Bertelà in Firenze 1975). (Chiara Mazzanti 2013)