Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
L’inv. 11391 F è tra i pochi fogli di mano di Barocci chiaramente identificabili nel 'Catalogo dei disegni 1775-1793' (GDSU, ms. 102) stilato da Giuseppe Pelli Bencivenni, dove viene descritto al n. 131 del Volume dei Grandi XVII come “Un'Annunziata Schizzo a/ Pastelli Su Carta Turchi/na” . Purtroppo non è possibile stabilire con certezza se il nostro studio fosse presente nelle collezioni fiorentine già al tempo del Cardinal Leopoldo, in quanto nella 'Nota de’ libri' redatta da Filippo Baldinucci nel 1687 il volume, in cui risultava conservato, comprendeva centosettantaquattro disegni (elencati senza alcuna descrizione) e non centottanta, come segnalato da Pelli . Come individuato per la prima volta da August Schmarsow (1909), sia il recto che il verso del foglio sono collegabili all’‘Annunciazione’ (1582-1584) oggi alla Pinacoteca Vaticana e destinata in origine alla cappella dei Duchi di Urbino nella Basilica di Loreto . Sul recto troviamo uno splendido studio compositivo, l’unico certamente riconducibile al dipinto e il solo, in tutta la produzione grafica baroccesca a noi nota, a essere realizzato a pastello. Per quanto riguarda il “corpus” dei disegni preparatori, Anna Forlani Tempesti (in Senigallia et. al. 2004) ha giustamente espunto lo schizzo tracciato sul verso dell'inv. 11479 F, considerato da Andrea Emiliani e Giovanna Gaeta Bertelà un primo pensiero per la scena (si veda scheda relativa). Allo stesso tempo, appare convincente l'ipotesi di Nicholas Turner (2000, p. 147) di individuare nell’inv. 2013 del Museum of Fine Arts di Budapest un modello per l'incisione, realizzata negli stessi anni della pala. Corrette sono anche le motivazioni addotte da Babette Bohn (in Saint Louis/ London 2012-2013, p. 195 nota 18) nell'escludere l’inv. B. 10 (401) conservato al Musée des Beaux Arts di Orléans e pubblicato da Andrea Emiliani . La studiosa, notando poche ma significative differenze nell’impostazione scenica e segnalando uno stile non conforme a quello del maestro, è propensa ad attribuirlo a un seguace . Le medesime ragioni mi spingono a dubitare dell’autografia di altri due fogli, menzionati da Giovanna Gaeta Bertelà nel 1975: l’inv. 2570 (München, Staatliche Graphische Sammlung) e l’inv. KdZ 20455 (Berlin, Kupferstichkabinett) . Essi sono, a mio avviso, un’ulteriore testimonianza dell’enorme ammirazione di cui godette tra allievi e seguaci il dipinto, di cui ci rimangono innumerevoli copie e derivazioni . Come accennato sopra, la principale peculiarità che caratterizza il recto dell'inv. 11391 F è la tecnica, in quanto non si conoscono altri esempi in cui l'intera scena venga analizzata ricorrendo quasi esclusivamente al pastello . Nella maggior parte dei casi, infatti, tale “medium”, di cui Barocci coglie e sfrutta appieno le potenzialità, è utilizzato per l'analisi di singole figure o di dettagli . Per tale particolarità, gli studiosi si sono interrogati sul ruolo svolto dal foglio all'interno del processo creativo. Recentemente Babette Bohn ha supposto che esso, vista l’importanza della commissione, potesse fornire al committente “a some preliminary indication of his plans for the altarpiece” , specificando però che non si può parlare di un vero e proprio disegno di presentazione per il carattere incompleto della scena . In base alla proposte avanzate da Edmund Pillsbury (in Cleveland/ New Haven 1978) e da Anna Forlani Tempesti (in Senigallia et. al. 2004) il foglio è stato, invece, accostato alle tipologie dei cartoncini preparatori descritti da Giovan Pietro Bellori nella ‘Vita’ dell’artista . Per Pillsbury, l’inv. 11391 F recto potrebbe essere finalizzato allo studio delle relazioni cromatiche e sarebbe dunque assimilabile a quelli che il biografo definisce “cartocini per il colore”, la cui identificazione però appare, alla luce degli ultimi contributi critici, decisamente problematica . Secondo Anna Forlani Tempesti, che lo definisce “un’abbacinante intuizione luministica”, la funzione assolta sarebbe analoga a quella dei “bozzetti per i lumi” e il ricorso al pastello, che lo differenzia da questi ultimi generalmente eseguiti a olio o a guazzo su carta tinta, sarebbe riconducibile alla volontà di “sperimentare una tonalità più diffusa ed effetti chiaroscurali meno violenti” . In realtà, non mi pare che il disegno possa essere assimilato, proprio per la sinteticità e la resa sommaria dei dettagli, a un cartoncino. Significativa, in questo contesto, è l’indicazione fornita nel 1913 da Filippo Di Pietro che lo ha definito un’“impressione a pastello” . A mio avviso, siamo in un passaggio intermedio della progettazione, dove l’artista, stabilito l’impianto scenico, ricorre al pastello proprio per indagare l'intonazione generale e l'effetto atmosferico da conferire alla scena. Il “medium”, usato in modo estremamente libero , diviene “a vehicle for emotional expression” . Attraverso il colore, che dissolve il sottostante tracciato a pietra , Barocci crea un'atmosfera soffusa e una luce rarefatta che avvolgono delicatamente l'ambiente e i personaggi . Come accennato sopra, anche sul verso del foglio sono presenti degli studi riferibili all’‘Annunciazione’ vaticana; nello specifico l’artista verifica la corretta inclinazione del volto dell’Arcangelo Gabriele, reiterandolo per ben tre volte. Come sul recto Barocci ricorre al pastello, ma con finalità e modalità differenti, che possono essere considerate più usuali per l'artista; in questo caso, infatti, il colore serve ad accentuare la volumetria del particolare esaminato e a controllare in modo puntuale l’incidenza della luce. Al centro, il dettaglio anatomico viene analizzato anche in controparte, rispondendo alla necessità di osservare “angles of view that he did not select for the painting work or perhaps had already discarded at that moment, almost as if an overturned perspective of vision would help him better understand the volumetric figure as a solid entity in the space” . La soluzione ideata nel nostro disegno per l'angelo dell''Annunciazione' è stata riutilizzata da Barocci in altre tre occasioni: per la figura femminile con la cesta nella ‘Visitazione’ (Roma, chiesa di Santa Maria in Valicella, 1583-1586) , per la Santa Elisabetta nella ‘Madonna della Gatta’ (Firenze, Gallerie degli Uffizi, 1596-1600 ca.) e infine per la donna sulla sinistra nella ‘Presentazione della Vergine al tempio’ (Roma, chiesa di Santa Maria in Valicella, ante 1603) . L’inv. 11391 F verso rappresenta, dunque, un prototipo, cui Barocci ricorre per delineare una precisa tipologia figurativa e comunicativa. Tutti i personaggi sopra menzionati hanno, proprio come l'Arcangelo, la funzione di introdurre all’interno della scena il fedele e di suggerire, attraverso un processo di identificazione, l’atteggiamento di venerazione verso la Vergine. (Roberta Aliventi 2016)