Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Artista colto, allievo di Ercole Graziani jr e protetto da Papa Benedetto XIV Lambertini, Palmieri aveva sviluppato, fin dagli anni Sessanta a Bologna, una visione intellettualistica del disegno, volto a riproporre modelli stilistici e iconografici nordici ed emiliani in voga negli ambienti collezionistici europei, attraverso fogli che imitavano virtuosisticamente gli effetti grafici e l’impaginazione delle stampe. Se l’uso di reticoli a penna va messo in relazione con la tecnica disegnativa di artisti clementini come ad esempio Donato Creti, Ludovico Mattioli o Gaetano Gandolfi , Palmieri, fin dal paesaggio datato 1762 della Pinacoteca Nazionale di Bologna (Gabinetto Disegni e Stampe, inv. 3811) , imitando anche elementi estrinseci propri delle stampe, ovvero la quadratura della parte figurata e le firme, viene incontro a un gusto per lo scambio delle tecniche che va messo in relazione con l’operazione inversa ma dello stesso segno, ovvero la stampa che imita il disegno. Con questa tematica entrò in relazione probabilmente già a Bologna e almeno a partire dal 1771, quando, ottenuta la nomina a professore di disegno dell’Accademia di Parma, ebbe modo di conoscere a fondo Benigno Bossi. Quest’ultimo, proprio nel periodo in cui Palmieri soggiornò a Parma e forse sotto suo impulso, si cimentò nella riproduzione a stampa dei disegni di Parmigianino al tempo in collezione Sanvitale. Per qualche tempo Palmieri si stabilì nella città emiliana sotto la protezione dell’allora primo ministro Guillaume Du Tillot, marchese di Felino; quest’ultimo, di forte orientamento filofrancese sia in campo politico che culturale, guidato da una politica laica, vantava importanti contatti diplomatici, tra i quali si annoverano Etienne François de Stainville, duca di Choiseul, e Jacques Laure Le Tonnelier, balivo di Breteuil. Come collezionista il ministro parmense era attento al disegno, alla pittura di paesaggio contemporanea (in particolare a Claude Joseph Vernet e Hubert Robert), al genere delle battaglie (soprattutto Francesco Simonini) e alle opere fiamminghe e olandesi, un gusto che rispecchia una tendenza ormai consolidata nell’ambito del collezionismo parigino e in linea con gli interessi di Palmieri. Poco tempo dopo l’arrivo di Palmieri a Parma, Du Tillot fu rimosso dal suo incarico e si trasferì a Parigi, dove l’artista lo seguirà agli inizi del 1773, stabilendosi nella sua casa. Grazie alla corrispondenza tra Liborio Bertoluzzi e Benigno Bossi, chi scrive ha avuto modo di constatare che Palmieri veniva abitualmente incaricato dal marchese di Felino di realizzare copie grafiche di dipinti appartenenti allo stesso Du Tillot o di altri collezionisti. I dipinti erano dunque tradotti e trasfigurati in disegni che a loro volta imitano gli effetti delle stampe, in un gioco intellettualistico di scambio delle tecniche su più livelli, che pare voler affermare l’emancipazione del disegno dalle altre tecniche artistiche, imitate e al contempo negate. Di tale operazione – che ricorda per alcuni aspetti commissioni affidate a Gaetano Gandolfi e a Jean Robert Ango – costituisce un significativo esempio la ‘Marina’ in collezione privata derivata da un dipinto di Manglard posseduto a suo tempo da Du Tillot . Dopo la morte di Du Tillot, avvenuta alla fine del 1774, Palmieri si trattenne a Parigi fino alla primavera del 1778, dove fu in rapporto con figure cardine della vita artistica francese del suo tempo, come Johann Georg Wille e Pierre François Basan. Vendeva i suoi lavori sia direttamente, sia tramite intermediari ed era apprezzato da un ambiente di artisti, mercanti e conoscitori, che si dimostrò in grado di comprendere i tratti distintivi del suo lessico. Chi scrive ha rilevato che i cataloghi di vendita parigini settecenteschi dimostrano che i conoscitori erano consapevoli del gioco di imitazione delle tecniche grafiche svolto dal bolognese nei suoi fogli e che questi ultimi erano destinati a essere esposti sotto vetro . L’interesse per la grafica di Palmieri attestato a Parigi è dovuto all’ammirazione suscitata dal suo virtuosismo, volto al raggiungimento di effetti di ambiguità tecnica in linea con i gusti collezionistici dei conoscitori alla moda. Non appare tuttavia meno rilevante la scelta di soggetti e modelli figurativi operata dal bolognese. Il disegno in esame è stato verosimilmente realizzato a ridosso della nomina a professore di disegno dell’Accademia di Parma, conseguita nel 1771, cui fa riferimeto l’iscrizione, che compare anche in un nutrito gruppo di fogli che in diversi casi recano la data 1772 o 1773 e andrà datato tra il soggiorno parmense e il primo periodo parigino . Qui Palmieri non utilizza il tratto a imitazione delle tecniche grafiche del quale si è accennato e pare invece richiamare il segno di Guercino, mentre il gruppo di figure immerso in un paesaggio di gusto olandese è una citazione da Stefano della Bella. Si tratta quindi di una sorta di capriccio, che ammicca ai gusti del collezionismo coevo e che può essere accostato per questi aspetti ad esempio alla ‘Famiglia di zingari’ del Museo del Prado di Madrid o ad alcuni disegni in collezione privata . L’interesse di Palmieri per Guercino, documentato fin dagli anni bolognesi , è attestato negli anni francesi dal diario dell’incisore di corte Johann Georg Wille, dove alla data 1 gennaio 1775 è annotato: “Mr. Palmieri, Italien, m’a fait deux dessins, un peu dans le goût du Guercin. Je les lui ay payés un louis piéce” . Nella vendita della collezione Wille del 1784, viene descritto inoltre un lotto comprendente “Deux paysages, avec divers chevaux & figures, à la plume & au bistre, par Palmieri” , un soggetto che richiama piuttosto modelli olandesi del Seicento. Le due fonti parrebbero quindi indicare che, nel corso della sua vita, Wille sia venuto in possesso di due coppie di disegni di Palmieri: la prima che guarda alla maniera di Guercino, l’altra che si rifà a modelli olandesi. Tuttavia la conoscenza di opere come quella in esame consente, al contrario, di considerare l’ipotesi che le due fonti si riferiscano agli stessi fogli e che il diario dell’incisore, descrivendo due disegni “un peu dans le goût du Guercin”, abbia posto l’accento sugli aspetti stilistici, mentre il catalogo di vendita della collezione di Wille avrebbe concentrato l’attenzione sul soggetto . La sintesi tra imitatio e inventio grazie alla quale Palmieri crea un’unità nuova, dal carattere inequivocabile, di sapore internazionale, che ammicca ai gusti degli amateurs, interpretando l’arte del passato e della contemporaneità attraverso oggetti alla moda e al tempo stesso pieni di intelletto, sarà perfettamente recepita a Torino. Nella capitale sabauda, grazie alla sua capacità di andare incontro ai gusti dei collezionisti contemporanei più aggiornati, Palmieri si tratterrà per ventisei anni, fino alla morte, ricevendo commissioni dalla corte e ottenendo nel 1802 la cattedra di disegno in Accademia. (C. Travisonni, aprile 2023)