Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Con tutta probabilità già nell’inventario di fine Seicento realizzato da Filippo Baldinucci il presente foglio era annoverato tra quelli di Agostino Carracci , a cui in seguito è sempre stato riferito nei successivi cataloghi della collezione degli Uffizi. Nell’ambito del dibattito novecentesco sull’opera grafica dei Carracci, invece, già Gail Feigenbaum nel 1993 lo considerava uno studio di Scuola, come poi ha sostenuto anche Catherine Loisel (2000). La posa del nudo sul recto, in parte simile a quella del ‘Giove’ nel fregio dei Carracci in Palazzo Fava con le ‘Storie di Giasone e Medea’ , può essere intesa come una testimonianza significativa dei metodi operativi seguiti nell’‘Accademia degli Incamminati’ intorno al 1584, la data fissata da un’iscrizione tuttora leggibile proprio sotto al padre di tutti gli dei nel ciclo bolognese . Secondo Feigenbaum (1993), lo studio accademico evidenzia come in questo caso si sia chiesto al modello di assumere un atteggiamento quasi identico a quello del ‘Giona’ negli affreschi della Sistina. Ciò dimostrerebbe, sempre secondo la studiosa, l’intento programmatico dei Carracci di reinventare il classicismo michelangiolesco alla luce del confronto diretto con il naturale. Peraltro, la morbidezza del chiaroscuro a pietra rossa leggero e sfumato, che produce passaggi graduali tra le zone in luce e quelle in ombra, trova puntuali riscontri nei modi di Annibale verso la metà degli anni Ottanta, quando l’artista era fortemente condizionato dal Correggio. A ben vedere, però, nel più giovane dei cugini bolognesi, oltre a una maggiore naturalezza nella posa, si nota come la linea di contorno costruisca plasticamente il volume, creando una più fluida articolazione della figura nello spazio. Nel disegno in esame il tipo di tratto che definisce il contorno rammenta piuttosto quello di Ludovico, come, ad esempio, nel ‘Ragazzo addormentato’ di Oxford , dove, appunto, la linea che circonda la figura del giovane appare più marcata nei punti più in ombra, mentre nelle parti investite dalla luce si assottiglia fino quasi a scomparire, esattamente come si riscontra anche nello studio sul recto dell’inv. 12374 F. Questa commistione di elementi annibaleschi e ludovichiani, come mi segnala Marzia Faietti (c.o.), ricorda lo stile di Pietro Faccini nella fase più precoce del suo percorso biografico, quando egli faceva ancora parte dell’Accademia carraccesca . All’eccentrico allievo rimandano anche certe intemperanze nella costruzione anatomica del corpo, come nella spalla destra e nel muscolo che sporge in modo innaturale sotto al braccio sullo stesso lato, ma anche nella posa un po’ troppo forzata della gamba sinistra. Inoltre, è mal eseguito il raccordo con il resto del corpo della gamba destra, che perde consistenza volumetrica e appare come svuotata, a causa del suo profilo eccessivamente sinuoso. Analogie si possono individuare con un altro studio dal modello di Faccini agli Uffizi raffigurante un 'Nudo disteso sul fianco destro' , che presenta lo stesso tipo di trattamento a pietra rossa, anche se maggiormente pastoso. Da questo punto di vista è certamente utile anche il confronto con lo studio, sempre agli Uffizi, inv. 12407 F ( link ), che costituisce, probabilmente, un precedente tentativo da parte dell’artista di raffigurare lo stesso soggetto del inv. 12415 F, lasciato però incompiuto a causa di un grave errore nella costruzione anatomica della figura. In questa prima prova grafica, in cui, peraltro, mancano la testa e tutta la parte alta del corpo, si rileva una stesura meno densa e pesante della pietra rossa rispetto alla versione finale contenuta nello studio raffigurante il ‘Nudo disteso sul fianco’, meglio accostabile, quindi, al ‘Nudo seduto con la testa volta a sinistra’ sul recto dell’inv. 12374 F. In quest’ultimo, inoltre, la resa dei capelli spettinati è caratteristica di Faccini e, infatti, si ritrova nell’inv. 12415 F, dove anche la posa della mano destra appare simile a quella del ‘Nudo seduto’, a cui è dedicata questa scheda, anche se qui essa è appoggiata al ginocchio invece che lasciata a penzoloni. Occorre ricordare a questo punto che Henry Keazor (2007) ha datato il foglio tra il 1586 e il 1587. L’esame di uno studio di Annibale oggi agli Uffizi (inv. 17090 F link link), solitamente posto in relazione con il ‘Ciclo di Giasone e Medea’ in Palazzo Fava e segnato da caratteri stilistici correggeschi, ha evidenziato la presenza di una filigrana a forma di scudo con tre monticelli e, forse, un giglio, in tutto simile a quella rilevata nel caso del disegno in esame, che, quindi, a maggior ragione può essere datato intorno al 1584 o poco oltre. Nello studio sul verso ritorna il tema del confronto con i modelli carracceschi, in questo caso più chiaramente desunti dagli affreschi di Palazzo Fava. Su suggerimento di Marzia Faietti (c. o.) si propone anche per quest’ultimo il nome di Pietro Faccini quale possibile autore. Eseguito quasi a puro contorno con un tracciato lineare che, anche in questo caso, richiama i modi di Ludovico (vedi ad esempio Gallerie degli Uffizi, GDS, inv. 1543 F link ), il rapido schizzo riprende una divinità antica del ciclo bolognese, quella di ‘Mercurio’ . L’artista, però, forse nel tentativo di rendere il dinamismo interno della figura, finisce per esasperare le deformazioni prodotte dallo scorcio prospettico. Si nota chiaramente, infatti, come la gamba sinistra si inarchi in modo alquanto innaturale appena sopra al ginocchio e, forse proprio per questo motivo, si direbbe che essa sia stata in parte cancellata con alcuni segni rapidi a pietra nera, la stessa usata nella figura. Nel punto dove si congiungono le linee delle cosce, poi, è stato schizzato a penna, forse da un’altra mano, un volto caricaturale dalle fattezze demoniache. La deformazione della gamba del ‘Mercurio’ derivante dagli affreschi di Palazzo Fava suggerisce il confronto con un altro disegno degli Uffizi, inv. 17092 F ( link ), ascrivibile a Pietro Faccini, in cui si nota un errore analogo nella delineazione del braccio sinistro. Simili contorni netti e sinuosi, che a volte tendono a forzare i limiti naturali delle forme corporee, sono abbastanza caratteristici di Faccini, infatti si possono ravvisare anche in altre prove grafiche dell’artista, come, ad esempio, nei disegni rinvenuti durante i restauri del 1988 sul retro della tela della pala Pellicani . Già Diane De Grazia, inoltre, proprio analizzando i disegni di Faccini, aveva dedotto che la carriera dell’artista doveva aver avuto inizio verso la metà degli anni Ottanta e che il suo stile si era sviluppato parallelamente a quello dei Carracci. La studiosa notava, inoltre, come numerosi suoi studi della fase più precoce rivelassero chiaramente lo sforzo di assimilazione delle novità degli affreschi di Palazzo Fava e fossero di conseguenza databili intorno al 1584 . Alla luce di quanto finora detto, il disegno inv. 12374 F r., già trasferito da Carracci Agostino ad Accademia dei Carracci nel settembre 2019, nel settembre 2022, dopo ulteriori controlli di cui si è dato conto, è stato assegnato a Faccini Pietro, attribuito; l’inv. 12374 F v. è stato riclassificato nel settembre 2019 da Carracci Agostino a Pietro Faccini, attribuito. (R. Sassi, settembre 2019 con aggiornamenti settembre 2022)