Progetto Euploos

Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi

Scheda Catalogo "1327 F"

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Scheda aggiornata al 22-02-2023
Opera 1327 F
  • inv. 1327 F
  • Sanzio Raffaello (1483/ 1520)
  • Gesù Bambino con figura parziale della Madonna
  • Tecnica e materia: punta d'argento, biacca (carbonato basico di piombo) su carta preparata con colore rosa
  • Misure: 163 x 136 mm
  • Stemmi, emblemi, marchi: timbro a inchiostro di collezione: Reale Galleria degli Uffizi (Lugt 929) sul recto in basso a destra

Iscrizioni

  • autore ignoto di epoca antica: "Da Raffaello [barrato]", a penna sul verso lungo il margine sinistro
  • autore ignoto settecentesco o ottocentesco : "Credi [semicancellato]", a matita nera sul recto in basso a destra
  • autore ignoto novecentesco: "Raffaello", a matita sul verso
  • P. Joannides: "Probabilmente da un disegno perduto per la Madonna del Garofano/ P. Joannides", a matita sul vecchio montaggio

Notizie storiche e critiche

Lo ‘Studio del Bambino con figura parziale della Madonna’ consente di riflettere sulla fascinazione esercitata, ancora agli esordi del sec. XVI, da dipinti leonardeschi degli anni Settanta del Quattrocento e da idee messe a punto nella bottega dell’allievo ed erede del Verrocchio, Lorenzo di Credi. Desidero dedicare all’amico Pietro Marani, sia pure sotto forma di una prima annotazione, la riscoperta di questo disegno, sottoposto nel 2021 a un restauro che ha sciolto ogni riserva sul suo giovane e talentoso autore . La fortuna critica dell’opera, assai limitata, fu certamente condizionata in passato dalla scarsa leggibilità, piuttosto compromessa per la diffusa ossidazione della biacca; non escludo, però, una concomitante sottovalutazione rispetto al modo, niente affatto scontato e banale, con cui l’autore, da un lato, istituisce un legame iconografico con moduli leonardeschi e verrocchieschi e, dall’altro, ripercorre stilemi grafici ricorrenti in artisti attivi a Firenze alla fine del Quattrocento. Per non creare un’inutile ‘suspense’ preferisco chiarire fin d’ora che a disegnare il Bambino e ad abbozzare il grembo e le mani della Madre fu Raffaello durante il soggiorno fiorentino documentato dal 1504 al 1508. Non sono la prima a pensarlo: Pasquale Nerino Ferri, curatore storico della collezione dei disegni e delle stampe degli Uffizi, nel 1890 lo aveva elencato tra i fogli dell’Urbinate facendo seguire alla sua descrizione l’aggettivo “Dubbio”, evidentemente per correggere il tiro rispetto a un’iscrizione antica e a penna, apposta sul verso quasi al centro del lato sinistro, che sembra recitare “Da Rafaello” (poi barrato), mentre la scritta “Raffaello?” al centro del lato superiore, a matita e in grafia più moderna, riflette esattamente la sua posizione critica . A ribadire con certezza il nome di Raffaello fu nel 1933 Bernhard Degenhart, che ebbe anche il merito di avvicinare il disegno a un’acquaforte di Jean Morin, la ‘Vierge à l’enfant, à la rose’, dove è dichiarata la derivazione da un dipinto dell’artista marchigiano . Il parere dello studioso tedesco, sebbene argomentato con raffronti tecnici e formali, rimase lettera morta nel museo, dove all’incirca nel dopoguerra (è impossibile stabilire precisamente quando) si preferì assegnare il foglio a un autore anonimo fiorentino del sec. XVI , in attesa di ulteriori approfondimenti; quella soluzione temporanea perdurò tuttavia nel tempo e l’opera scivolò lentamente nell’oblio della critica . Quanto all’incisione di Morin, prima che Degenhart l’associasse al disegno degli Uffizi, era stata già menzionata nel 1839 da Johann David Passavant con la provenienza da una composizione pittorica raffaellesca simile a una piccola Madonna del garofano a lui nota tramite varie copie antiche . L’opinione venne condivisa nel 1876 da Carl Ruland, che aggiunse, fra i presunti originali di Raffaello, una "Virgin with the Pink” di proprietà del Duca di Northumberland, ad Alnwick Castle, oggi presso la National Gallery a Londra, ed elencò, senza istituire alcun nesso con la stampa, la fotografia del disegno agli Uffizi . Il passo successivo spettò a Nicholas Penny che in uno studio del 1992 individuò nel dipinto inglese (ribattezzato ‘Madonna dei garofani’) l’autografo raffaellesco e fornì, a conferma della straordinaria fortuna del tema iconografico, un nutrito elenco di copie pittoriche, molte delle quali cinquecentesche . In questa sede, però, interessa la versione pittorica corrispondente all’incisione di Morin, e conseguentemente al disegno degli Uffizi, a sua volta documentata da un dipinto non autografo ricordato nella collezione del conte di Pembroke a Wilton House, nel Wiltshire (l’unica differenza rispetto alla stampa è che qui la Madonna reca un garofano piuttosto che la rosa) ; una data inscritta in oro sul bordo dell’abito della Vergine, forse da leggersi “1508” , avvicina questa redazione a quella londinese, la cui cronologia ha prevalentemente oscillato entro gli anni fiorentini di Raffaello . Per la ‘Madonna dei garofani’ si è supposta una derivazione dalla leonardesca ‘Madonna Benois’ di San Pietroburgo e così anche per l’acquaforte di Morin ; non è tuttavia escluso che l’originale rielaborazione del soggetto proposta dall’Urbinate nelle due varianti comportasse anche la conoscenza della ‘Madonna del garofano’ all’Alte Pinakothek di Monaco , soprattutto se si considera che nello studio fiorentino il Bambino è posizionato nello stesso verso del dipinto monacense. Ma c’è di più: la sua collocazione a sinistra e i piedini incrociati si ritrovano in una ‘Madonna lactans’ tracciata da Raffaello sul verso di un disegno all’Ashmolean Museum di Oxford , che a sua volta riconduce alle gambette di Gesù in un dipinto omonimo di Lorenzo di Credi alla National Gallery di Londra . Segno evidente che mentre rivisitava modelli leonardeschi il Sanzio ne teneva presente altri, elaborati dal Verrocchio e passati nella bottega di Lorenzo, che doveva frequentare anche prima del 1504 . La qualità del foglio si attaglia a una prova giovanile dell’Urbinate destinata a una composizione pittorica (il prototipo pittorico inciso da Morin), non sappiamo se rimasta solo sulla carta o se invece realizzata. Non a torto è stata concordemente ignorata l’iscrizione a matita in basso a destra sul recto, di epoca imprecisata, che avanza il nome “Credi”. I confronti con putti disegnati da Lorenzo di Credi , artista peraltro soggetto a varie oscillazioni attributive, rivelano solo generiche somiglianze derivanti dalla comune appartenenza a uno stesso ‘milieu’ culturale dove i richiami al Verrocchio si coniugavano all’ascendente di Leonardo. Viceversa, sono stringenti i nessi con dipinti e disegni di Raffaello se ci soffermiamo non solo su dettagli fisionomici, quali la calotta arrotondata, la forma della bocca socchiusa, le guance paffute, il doppio mento e l’attaccatura dei capelli, ma indugiamo anche sulla grazia delicata e la dolcezza dei sentimenti che emanano dal volto, caratteristiche che sottendono la perspicua capacità di tradurre in forme ideali l’osservazione di dati naturalistici e psicologici. Lo dimostrano eloquentemente alcune opere eseguite tra il 1504 e il 1507-1508 circa, quali ad esempio gli studi per la ‘Madonna del melograno’ e per la ‘Madonna Bridgewater’, entrambi all’Albertina di Vienna , e i Bambini nella ‘Madonna del Prato’ di Vienna e nella cosiddetta ‘Sacra Famiglia Canigiani’ di Monaco ; quest’ultimi in particolare potrebbero costituire termini di raffronto per una datazione del disegno tra il 1506 o il 1507 circa. Senza contare che l’Urbinate non era nuovo all’uso della punta metallica su carte preparate più o meno con questo colore, come sottolineò Degenhart accostando il foglio ai disegni in cui Oskar Fischel aveva individuato suggestioni tecniche e formali da Leonardo . Che il maestro di Vinci sia stato per Raffaello un costante punto di riferimento e per diverse ragioni è del tutto assodato . Ogni volta, però, che si riflette sulle motivazioni dell’incontro ideale tra le due grandi personalità si scoprono aspetti nuovi. Il disegno degli Uffizi mostra come Raffaello meditasse su invenzioni leonardesche e, tramite Lorenzo di Credi, del Verrocchio, accogliendo nella sensibilità luministica, nella tecnica e nel tracciato segnico suggestioni anche dal Botticelli e Filippino Lippi . Sembra quasi volesse ripercorrere in parte il cammino del giovane Leonardo, senza peraltro rinnegare completamente il substrato culturale umbro, con lo scopo di chiarire meglio a sé stesso la direzione che intendeva intraprendere. (tratto da Faietti 2022; redazione a cura di L. Da Rin Bettina, febbraio 2023)

Bibliografia

  • Ferri P. N. 1890
    Ferri P. N., Catalogo riassuntivo della Raccolta di disegni antichi e moderni posseduta dalla R. Galleria degli Uffizi compilato ora per la prima volta dal conservatore Pasquale Nerino Ferri, Roma, 1890, p. 206
  • Degenhart B. 1933
    Degenhart B., Unbekannte Zeichnungen der Uffizien , in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, IV, 2-3, 1933, pp. 125-127, fig. 4
  • Petrioli Tofani A. 2005
    Petrioli Tofani A., Inventario. Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Disegni di figura 2, Firenze, 2005, p. 161, ripr. a p. 161
  • Petrioli Tofani A. 2014
    Petrioli Tofani A., L'inventario settecentesco dei disegni degli Uffizi di Giuseppe Pelli Bencivenni. Trascrizione e commento, Firenze, 2014, v. p. 25 n. 13
  • Faietti M. 2022
    Faietti M., Leonardo e Verrocchio in un disegno giovanile di Raffaello, in Cordera P./ Maffeis R. (a cura di), Leonardo: arte come progetto. Studi di storia e critica d’arte in onore di Pietro C. Marani, Bologna ,2022, pp. 109-114
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