Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Il disegno raffigura, sul recto, il profilo di una fanciulla, mentre sul verso sono tracciati, a pietra rossa, un torso all'antica visto da tergo e una testa virile replicata due volte, studi concepiti autonomamente e solo in un secondo momento accordati tra di loro. Nel Seicento e nel Settecento l’opera era ritenuta di mano di Raffaello (Baldinucci 1687; Pelli Bencivenni [1775-1793]); la tradizionale attribuzione, ribadita ancora nell'Ottocento (Ramirez di Montalvo 1849), alla fine del secolo fu messa in dubbio da Pasquale Nerino Ferri, allora direttore del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Galleria degli Uffizi, il quale nella scheda dell’inventario da lui redatto riferiva il foglio all'Urbinate con formula ipotetica e, nel 'Catalogo dei disegni, cartoni e bozzetti esposti al pubblico' (1895-1901), lo menzionava come opera di scuola. Nel corso del Novecento il disegno scompare dalle pubblicazioni sull'artista, ed è solamente grazie alle annotazioni manoscritte sul vecchio passepartout che è possibile ricostruire le ipotesi degli studiosi sul suo autore, tutte orientate verso artefici della generazione successiva al Sanzio: da Giulio Romano (lo stesso Ferri) a Francesco Salviati (Annamaria Petrioli Tofani). Nella sua recente monografia, Achim Gnann (2007) lo ha pubblicato come autografo del Parmigianino, accogliendo un suggerimento di Anna Forlani Tempesti che aveva accostato la figura del recto a un dipinto giovanile di Mazzola raffigurante Santa Barbara, conservato al Museo del Prado di Madrid. Dal canto suo lo studioso ha datato la 'Testa' al periodo parmense antecedente alla partenza dell’artista per Roma nel 1524, stabilendo confronti sia con opere pittoriche, in particolare con la fanciulla in primo piano a sinistra nella 'Circoncisione' del Detroit Institute of Art, sia con una testa di giovane donna a penna e inchiostro diluito oggi alla Courtauld Gallery di Londra (inv. D.1952.RW.2387). Lo studio sul recto è il risultato di una riflessione sull'arte di Raffaello, come aveva a suo tempo sottolineato Konrad Oberhuber (comunicazione orale riportata in Gnann 2007) e come testimonia l'antico riferimento al Sanzio. Il Parmigianino instaura infatti, sin dagli inizi della sua attività, un profondo e complesso dialogo con l'Urbinate che rappresenta, per il giovane artefice, un modello da imitare, emulare e superare. Dipinti, disegni e incisioni tratte da invenzioni raffaellesche sono oggetto di un intenso studio, condotto in primo luogo tramite lo strumento grafico. Non è possibile individuare una fonte precisa per la 'Testa di fanciulla di profilo', che pare piuttosto la trasposizione di un'immagine ideale e non è collegabile con certezza a nessun progetto pittorico di Mazzola, nonostante i confronti avanzati dagli studiosi. Il segno a pietra rossa morbido e sfumato deriva dal contatto con Antonio Allegri, detto il Correggio: all'inizio del terzo decennio del Cinquecento il Parmigianino attese infatti alla decorazione della chiesa dell'abbazia di San Giovanni Evangelista a Parma al fianco del più anziano collega, del quale conobbe e studiò i disegni, condotti in larga parte a pietra rossa. Il foglio, tuttavia, sembra essere uno studio originale sulle tipologie femminili dell'Urbinate e, in particolare, sui valori di bellezza rappresentati dai suoi volti. Nonostante il Parmigianino avesse conosciuto alcuni aspetti della produzione raffaellesca prima del soggiorno romano (1524-1527) , è probabile che l’accresciuta conoscenza di opere di quell'artista nell'Urbe abbia determinato questa immagine così fortemente vicina ai modelli del Sanzio. Per questo motivo l’opera potrebbe essere datata agli inizi del periodo romano. Le arie di teste di Raffaello, celebrate già in antico per i loro caratteri di grazia, dovettero ispirare nel Parmigianino una personale interpretazione che lo porterà a elaborare una nuova misura di venustà – secondo la formula scelta da Giorgio Vasari nelle 'Vite' per descrivere uno degli aspetti essenziali della maniera del parmense - carattere che accomuna Mazzola non solo a Raffaello ma anche a Francesco Petrarca, nel più vasto contesto del paragone tra pittura e poesia . (Laura Da Rin Bettina 2016)