Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Il 25 agosto del 1654 Bonaventura Bisi, corrispondente bolognese di Leopoldo dal 1652, scrive: “Il signor marchese Cospi è informato quanta caccia abbi fatto atorno ad un disegno del Parmeggiano non più grande d'una lettera serata, ma è di tanta esquisitezza che fa inpazire li pittori in vederlo, spero però averlo ed è una Didone fatto non so di che, tanto diligente che pare fatta d'aria, basta la vedrà” . Benché la lettera sia stata pubblicata , solo di recente ho potuto identificare il foglio proposto con entusiasmo dall'agente con l'inv. 13610 F. Il disegno raffigura infatti il suicidio di Didone e le sue dimensioni assai ridotte corrispondono a quelle descritte da Bisi, che parla di un'opera “non più grande di una lettera serata”. Esso è inoltre rintracciabile nell'inventario di Pelli Bencivenni (1775 – 1793, GDSU, ms. 102): anche se il soggetto è erroneamente interpretato come una Lucrezia – era sfuggito il particolare del rogo, che differenzia l'iconografia dell'eroina romana da quella della regina di Cartagine -, l'indicazione della tecnica, “matita nera su cartapecora”, ben si attaglia alle caratteristiche del disegno in esame, realizzato a punta metallica (che a un primo sguardo può sembrare pietra nera) su pergamena. Il disegno reca tuttora un'attribuzione inventariale a Mazzola che finora non è stata discussa dalla moderna storiografia. Viceversa Arthur E. Popham si è soffermato su un foglio del Louvre (inv. 6514 bis link ), di dimensioni assai prossime e di soggetto identico , ascritto al secondo soggiorno parmense dell'artista, sebbene con perplessità sulla sua autografia. L'opera ha indubbiamente subìto molti ripassi – forse in occasione della vendita Jabach (1671) – che ne hanno alterato l'aspetto; tuttavia la resa goffa del braccio destro, alcune ombreggiature grossolane e, soprattutto, l'interruzione all'altezza dei piedi che copia puntualmente il foglio degli Uffizi portano a ritenere che sia una sua replica. Misure, supporto e tecnica del 13610 F richiamano alla mente i “metalpoint studies”, un gruppo di opere grafiche – tra originali e copie antiche – identificato da Arthur E. Popham e datato al periodo bolognese . La serie, omogenea per dimensioni – circa 102 x 72 mm – e realizzata per lo più a punta metallica su pergamena, rappresenta figure allegoriche, mitologiche o desunte dalla storia antica, riprodotte dal Maestro FP e da Antonio da Trento. L'ipotesi di Popham che potesse trattarsi di studi per carte da gioco è stata accantonata a favore di riflessioni sui legami con le stampe, mentre riguardo all'iconografia si è di recente evidenziato come le immagini allegoriche delle Virtù si alternino a quelle di azioni da esse ispirate . Il disegno in esame, rifilato in antico nella parte inferiore, ha misure molto simili a quelle dei “metalpoint studies”. Anche il soggetto lo avvicina alla serie: rappresenta infatti un personaggio della letteratura antica che Francesco Petrarca, figura assai significativa per il Parmigianino, menziona quale eroina virtuosa nel 'Trionfo della Pudicizia'. Tale ipotesi trova conforto nell'opinione di chi ha ritenuto il disegno del Louvre una probabile copia da un originale perduto e ha sottolineato la vicinanza tra il tema di Didone e gli eroi romani dei “metalpoint studies” . Tuttavia il 13610 F, di altissima qualità, caratterizzato da una linea leggera ed evanescente, si distingue nel segno in particolare dai fogli della serie conservati in collezioni francesi (ad esempio l'inv. RF 583 recto e verso del Louvre link link e gli invv. EBA 228 link e EBA 229 link dell'École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Parigi), costruiti con tratteggi incrociati più insistiti. (Laura Da Rin Bettina, 2017. Si ringrazia Elisabetta Fadda per la consulenza sul disegno)