Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Il foglio proviene dai ‘Trattenimenti pittorici’, un album di disegni allestito da padre Sebastiano Resta (Milano, 1635-Roma, 1714) intorno al 1700 e confluito nelle collezioni mediceo-lorenesi nel 1779, con l’acquisto delle raccolte grafiche di Casa Michelozzi . Prima di giungere agli Uffizi, il volume venne offerto in vendita a Filippo V, re di Spagna, e rimase in quel paese fino al 1745, quando venne acquistato dal collezionista fiorentino Giovanni Filippo Michelozzi (Grisolia 2018). Nella seconda parte del suo inventario, Giuseppe Pelli Bencivenni, Direttore della R. Galleria degli Uffizi nell’ultimo quarto del XVIII secolo, descrive il foglio riprendendo le note appuntate sui montaggi da Resta: “Disegno a acquerello di / una Vergine nel presepio col / Figlio in collo, e S.[an] Giuseppe / di Pellegrino Tibaldi Bolognese / porzione del disegno di / un quadro a olio che ha` / il Principe Borghese con l’/Adorazione dei Pastori” (Pelli Bencivenni 1784; Petrioli Tofani 2014; Grisolia 2018). Già in antico, dunque, si conosceva il legame dello studio con il dipinto di Tibaldi oggi conservato alla Galleria Borghese a Roma, ma di cui non si conosce l'originaria destinazione link . Si tratta di un’opera importante nella carriera dell’artista, poiché costituisce la sua prima prova indipendente dopo gli anni di formazione a Roma presso Perin del Vaga e Daniele da Volterra e segna, dunque, il passaggio dalla fase giovanile ancora “d’intorno a Perino” – come scrive Vasari – alla forma grandiosa ispirata dallo studio di Michelangelo. Non è forse un caso, quindi, che il dipinto sia firmato e datato, un unicum nella produzione dell’artista: “peregrinus [sic] Tibaldi Bonon[iensis] Faciebat /Anno etatis sue XXII MDXLVIII(I)” (di Majo in Firenze 2003; Daniele 2023). L’indicazione dell’anno in numeri romani, non chiaramente decifrabili perché parzialmente abrasi, ha da sempre sollevato dubbi negli studiosi, i quali hanno proposto di leggervi alternativamente “1548” e “1549”; una questione che, in assenza di ulteriori dati, rimane ad oggi aperta . In epoca imprecisata il disegno fu declassato a copia e considerato tale sino al 1962, quando John A. Gere lo restituì nuovamente a Tibaldi, riconoscendovi un frammento del cartone preparatorio per ‘L’Adorazione del Bambino’. A sostegno della sua tesi, Gere sottolineava la corrispondenza esatta con l’opera finale anche nelle dimensioni, e informava dell’esistenza di altri due disegni riconducibili al dipinto – acquistati dal British Museum nello stesso 1962 – che corrispondono alla testa e alla mano destra di uno dei pastori (Inv. 1962,0714.3) link , e alla parte inferiore della gamba destra del giovane seduto quasi al centro della scena (Inv. 1962,0714.2) link . Secondo lo studioso, i tre esemplari, di uguale scala e tecnica, sono frammenti dell’originario cartone preparatorio che fu smembrato, presumibilmente, per ragioni di mercato. All’inizio dell’Ottocento Johann Heinrich Füssli alludeva all’esistenza di un cartone ancora integro dell’Adorazione Borghese: “Pellegrino Tibaldi is more known by his works in fresco, than by his pictures in oil, which are extremely scarce: one of the earliest is the Nativity already mentioned, in the palace Borghese, of which the cartoon still exists in a private collection of drawings” . Tuttavia, alla luce di quanto sappiamo sulla provenienza del disegno degli Uffizi, l’affermazione di Füssli crea un cortocircuito, sollevando dubbi su quando il cartone sia stato effettivamente smembrato. È lecito chiedersi se quello visto da Füssli fosse il medesimo cartone a cui appartenevano i tre frammenti, o se si trattasse di una copia; del resto, si conservano almeno tre repliche pittoriche del dipinto di Tibaldi – oggi conservate alle Liechtenstein Collection Collections di Vaduz-Vienna link, nei depositi della Pinacoteca Nazionale di Bologna e nei depositi della Galleria Nazionale di Parma (Daniele 2023) – a riprova della circolazione e della notorietà della composizione. Inoltre, è stato ipotizzato che la ‘Sacra Famiglia’ degli Uffizi facesse parte di un grande modello piuttosto che di un cartone preparatorio, data l’assenza dei fori da spolvero per il riporto della composizione (Davidson in Firenze 1966), anche se tale tecnica non era l’unica adottata dagli artisti per trasferire un disegno su un altro supporto: i frammenti del British Museum, ad esempio, presentano tracce di incisione da riporto (Gere/ Pouncey 1983) che, per contro, oggi non sono visibili sul disegno degli Uffizi. È, però, necessario considerare che la lettura del foglio fiorentino è resa difficoltosa dal suo stato conservativo: l’opera infatti è piuttosto sciupata e consunta e fu, presumibilmente, oggetto di un restauro “pittorico” in epoca antica. (C. Valli, L. Da Rin Bettina, marzo 2024)