Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Lo studio era già in antico attribuito a Pellegrino Tibaldi come si deduce dall’iscrizione forse seicentesca sul verso e dal ‘Catalogo dei disegni’ ([1775-1793] GDSU, ms. 102) di Giuseppe Pelli Bencivenni . Raffigura il miracolo della guarigione di un paralitico presso la piscina di Betzaeta un episodio del Nuovo Testamento (Giovanni, 5:1-17): Gesù, in primo piano sulla destra, regge saldamente per un braccio un infermo e sembra impartirgli un ordine, indicando un punto indefinito al centro della scena; in alto, un angelo si libra in aria al di sopra della folla che popola un ampio luogo porticato. Diversi elementi supportano questa interpretazione del soggetto, proposta da John A. Gere (1960): l’ambientazione, con i portici descritti nel passo evangelico; l’angelo che periodicamente si avvicina alla vasca per agitare le acque e favorire la guarigione degli infermi; il paralitico che sul suo “lettuccio” attende di essere guarito. A una prima lettura sembra mancare la piscina probatica, elemento fondamentale per l’identificazione dell’episodio, ma che, come si vedrà in seguito, è in realtà presente. La critica ha collegato il disegno con la decorazione della Cappella Massimi nella chiesa di Trinità dei Monti a Roma . L’opera, compiuta da Perin del Vaga tra il 1538 e il 1539, venne distrutta intorno alla metà dell’Ottocento; resta solo un frammento dell’affresco, la ‘Resurrezione di Lazzaro’ proveniente da una delle pareti laterali della cappella e oggi al Victoria and Albert Museum di Londra link . Si conservano inoltre due disegni di Perino: uno, al Museum of Fine Arts di Budapest (inv. 1838) link , considerato preparatorio proprio per la parete con la ‘Resurrezione di Lazzaro’, potrebbe rispecchiare una fase preliminare del progetto, in seguito modificato ; l’altro, al Victoria and Albert Museum (inv. 2270), è ritenuto uno studio per il partito decorativo che reca in un cartiglio l’iscrizione “Massimi” link . Nella Vita di del Vaga, Giorgio Vasari descrive l’impianto generale dell’opera: sulle pareti Perino “[…] fecevi uno spartimento di grottesche bizarre e belle, parte di basso rilievo e parte dipinte, e ricinse due storiette non molto grandi con un ornamento di stucchi molto varii, in ciascuna facciata la sua; nell'una era la Probatica Piscina con quegli rattratti e malati, e l'Angelo che viene a commover l’acque, con le vedute di que' portici che scortono in prospettiva benissimo, e gl'andamenti e gl'abiti de' sacerdoti fatti con una grazia molto pronta, ancora che le figure non sieno molto grandi; nell'altra fece la resurressione di Lazero quatriduano […]” link . Accanto alle scene principali “[..] sonvi quattro storiettine minori, due per faccia, che mettono in mezzo quella grande; nelle quali sono: in una, quando il centurione dice a Cristo che liberi con una parola il figliuolo che muore, nell’altra quando caccia i venditori del Tempio, la Trasfigurazione, et un'altra simile” link . Secondo John A. Gere, le scene narrative perdute della Cappella Massimi furono riadattate in alcuni disegni, con ogni probabilità dello stesso Perino, preparatori per sei placche in cristallo di rocca incise da Giovanni Bernardi su commissione del Cardinale Alessandro Farnese e più tardi montate in un servizio di candelieri, oggi al Museo del Tesoro di San Pietro . L’ipotesi deriva da Vasari, che riferisce come la decorazione della Cappella Massimi “con molti disegni che egli fece, fu cagione che il reverendissimo cardinale Farnese gli cominciasse a dar provisione e servirsene in molte cose” link . Secondo Gere, non può essere una coincidenza che le due opere raccontino i medesimi episodi della vita di Cristo, raggruppati in una serie piuttosto inusuale (la Resurrezione di Lazzaro; la Piscina probatica; la Trasfigurazione; la Cacciata dei mercanti dal tempio; la Moltiplicazione dei pani e dei pesci; Cristo e il centurione). Alla Morgan Library & Museum di New York si conserva lo studio di Perino per la placchetta raffigurante ‘Cristo che guarisce un infermo alla piscina di Betzaeta’ (inv. IV, 47) link , che è stato rapportato al nostro disegno, ritenuto dalla critica una copia dal perduto affresco di Perino nella Cappella Massimi . In realtà le differenze tra i due disegni sono notevoli e sono solo in parte giustificabili con il passaggio da una composizione pensata per il grande formato della decorazione ad affresco, di ampio respiro, alle dimensioni nettamente inferiori di una placchetta di cristallo: solo Cristo e l’infermo, attorniati da una piccola folla, possono essere utilmente confrontati, anche se nelle due versioni occupano posizioni speculari; nel foglio fiorentino l’ambientazione architettonica è differente e più schiacciata in superficie, mentre le figure che assistono al miracolo lungo il bordo della piscina sono più numerose . D’altra parte riscontriamo notevoli differenze tra il prototipo ad affresco e la placchetta in cristallo anche nella ‘Resurrezione di Lazzaro’, che è l’unico caso in cui è possibile confrontare l’affresco staccato di Perin del Vaga, il disegno preparatorio per lo stesso e lo studio per i cristalli metti il link. Ciò nonostante, la ricostruzione di Gere, seppur plausibile e unanimemente accolta dalla critica, presenta alcuni punti non chiari: la fonte vasariana, da cui prende spunto, non descrive nel dettaglio ogni parte della decorazione; inoltre, non esiste alcuna documentazione che attesti la commissione a Perino dei disegni preparatori per i cristalli . Non è quindi possibile collegare con assoluta certezza il disegno in esame alla decorazione della Cappella Massimi, ma si possono aggiungere ulteriori riflessioni sull’opera. La composizione del disegno fiorentino si ritrova anche, in controparte, in un chiaroscuro (B. XII, 38, 14) oggi attribuito a Niccolò Vicentino e considerato una registrazione dell'affresco perduto di Perino nella Cappella Massimi . Anche in questo caso, le differenze tra il disegno fiorentino e la stampa sono notevoli e riguardano principalmente la costruzione spaziale e la disposizione delle figure in secondo piano. Si conservano inoltre altre copie grafiche del medesimo soggetto, differenti tra loro per qualità e grado di rielaborazione, che sono state messe in relazione con la decorazione della cappella Massimi. Un foglio al Museo Nazionale del Prado di Madrid, assegnato a un anonimo artista che copia da Perin del Vaga, nonostante il suo precario stato di conservazione rivela una qualità di segno molto alta (inv. D001785) link : come il nostro disegno, presenta delle piccole letterine da intendersi come indicazioni per il colore . Un altro foglio, all’Akademie der Bildenden Künste di Vienna (inv. 3846) è molto vicino agli esiti dello studio in esame e di quello madrileno e vi è rappresentata più distintamente la piscina probatica. Infine, si conoscono altre due copie, inventariate ancora una volta come opera di anonimi da Perin del Vaga (al Louvre, inv. 2211 link e al Museum of Fine Arts di Budapest, inv. 1465) , che sono da considerarsi in stretta relazione tra loro: in esse la figura di Cristo si discosta da quella raffigurata nelle copie fiorentina, madrilena e austriaca . Di questo piccolo gruppo di opere, solo l’inventario 1460 F r. presenta una parziale quadrettatura da riporto, tuttavia realizzata in modo sommario e impreciso. A complicare ulteriormente la questione, un dipinto in collezione privata ha la medesima iconografia dei disegni e della xilografia sopra menzionati: tradizionalmente ritenuto di Pellegrino Tibaldi, è stato attribuito a Prospero Fontana . Tale ipotesi ha spinto a proporre il nome di Fontana anche per il foglio in esame . Come suggerisce Marzia Faietti (comunicazione orale, febbraio 2024), sia il disegno fiorentino che il dipinto in collezione privata presentano qualche vicinanza all’attività tarda di Tibaldi, suggestionata dal clima religioso di epoca post-tridentina; si tratterebbe comunque, a suo avviso, di una generica affinità sul piano culturale, non certo di un'identità di mano. Questo suggerimento mi consente di avvicinare da un punto di vista formale il presente disegno e, in misura maggiore, quello madrileno agli studi di Tibaldi per il chiostro dell’Escorial, dalle figure allungate rese con un tratto netto e lineare (cfr. inv. 4123 S e la scheda relativa) . Ma, ancora una volta, si ribadisce che si tratta comunque di una affinità di tipo culturale e stilistico, e che non è possibile fugare ogni dubbio sull’autografia di Tibaldi. Infine, il legame del disegno fiorentino con il dipinto non è chiaro, per le differenze sostanziali tra le due opere; inoltre, la quadrettatura per la trasposizione del foglio su più ampia scala presenta degli errori e delle imprecisioni non imputabili a Tibaldi, esperto architetto, e il verso dell’inventario 1460 F, non sembrerebbe riconducibile alla sua mano. (C. Valli, redazione a cura di L. Da Rin Bettina, maggio 2024) (Riclassificato da “Tibaldi Pellegrino” a “Tibaldi Pellegrino (?)”, maggio 2024)