Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Come suggerito nel 1984 da Sylvia Ferino Pagden, il foglio, realizzato da un anonimo artista verosimilmente attivo nel XVI secolo , potrebbe essere una copia di un originale perduto di Raffaello; a supporto di tale tesi – ripresa anche dalla critica successiva –, la studiosa metteva in luce l’esistenza di stringenti legami tra le invenzioni presenti sull’inv. 14735 F e opere sia grafiche che pittoriche realizzate da Sanzio negli anni 1509-1512. Nello specifico, la raffigurazione del Bambino in atto benedicente e sorretto in piedi dalla Vergine sembra testimoniare lo sviluppo di un motivo iconografico analizzato dall’Urbinate in diversi disegni (Firenze Gallerie degli Uffizi, GDS, inv. 496 E r. link; Vienna, Albertina, inv. 208 r. link). Il nudo femminile documenterebbe, invece, la conoscenza di un preciso tipo statuario di ‘Venere accovacciata’; si tratta di una variante di epoca tardoellenistica della celebre ‘Afrodite’ di Doidalsas, nota con ogni probabilità tramite l’esemplare ora custodito a Palazzo Altemps e che a metà Cinquecento era documentato tra i beni del cardinale Federico Cesi . L’elegante torsione del busto, che caratterizza la scultura, è puntualmente ripresa da Raffaello nella nereide descritta in primo piano, sulla sinistra, nel ‘Trionfo di Galatea’, affresco eseguito intorno al 1512 nella dimora suburbana di Agostino Chigi, nota come Villa Farnesina link Il prototipo risulta qui sapientemente rivisitato e reintegrato attraverso altre fonti visive. La posa seduta, con una gamba distesa in avanti, e il dettaglio del braccio sollevato a sostenere un velo che si gonfia al soffio della brezza marina si rintracciano, ad esempio, in diversi personaggi raffigurati nei “thiasoi” marini; basti pensare al sarcofago incastonato nella facciata di Villa Medici a Roma link">notadetail/157994 o a quello del Louvre, visibile nel XVI secolo in San Francesco a Ripa link Da essi e dalla rappresentazione delle nozze di Nettuno e Anfitrite nell’‘Ara di Domizio Enobarbo’ (Monaco, Gliptoteca link">notadetail/10202607), Sanzio trae molteplici spunti per la messa a punto della Galatea e del corteo di tritoni e nereidi che la circonda . Il confronto con l’antico è, dunque, un imprescindibile punto di riferimento per la realizzazione dell’affresco a soggetto mitologico e risponde a specifiche esigenze della committenza. Per gli artisti attivi nel cantiere della villa un’eccezionale “pietra di paragone” era, senza dubbio, rappresentata dalla raccolta antiquaria di Chigi . Ritornando al foglio in esame, la figura femminile presente sul verso è stata interpretata come una rivisitazione della ‘Venere pudica’, già analizzata dall’Urbinate sull’inv. 496 E v. degli Uffizi (link; cfr. S. Ferino Pagden, in Firenze 1984). Anche in questo caso, la posa deriva da un prototipo classico: la ‘Venere’ ora al Getty Museum di Los Angeles (link). Secondo Costanza Barbieri (2014, p. 244), i due schizzi sarebbero ipoteticamente riconducibili a progetti per la Farnesina e più precisamente alla realizzazione di una fontana (cfr. inv. 1474 E r., link), al centro della quale doveva, forse, trovarsi una statua di Venere, dalla cui mammella destra sgorgava l’acqua; oppure finalizzati alla prosecuzione della decorazione della Loggia di Galatea. In entrambi i casi, alla dea è riservato un ruolo di primaria importanza e questo ben si accorda alla centralità conferita alla sua figura all’interno del programma chigiano: nel ‘De Viridario Augustini Chigii’ di Egidio Gallo (1511), Venere – che è protagonista del poemetto celebrativo – sceglie per sua dimora la villa di Agostino e il giardino come sede della primavera. Secondo Barbieri sarebbe, infine, suggestivo immaginare che la ‘Venere Getty’ e la ‘Venere accovacciata’, delle quali risulta sconosciuta la collocazione a inizio Cinquecento, potessero essere parte della raccolta d’antichità posseduta dal banchiere ed essere così esaminate nel dettaglio da Sanzio. Nelle testimonianze grafiche menzionate nel corso della scheda e ancor più compiutamente nel ‘Trionfo di Galatea’, emerge la capacità di Raffaello di assimilare e trasformare i modelli antichi per dare vita a creazioni del tutto originali: “dallo studio della plastica” egli trae, infatti, “per intima consonanza gli elementi di un suo stile che rappresenta un felice ed originale riavvicinamento al contenuto e alla forma della classicità” . Per quanto riguarda la vicenda collezionistica del disegno, esso viene menzionato per la prima volta nell’‘Indice di CXXII. Volumi di Disegni della R. Galleria. Parte II’, inventario redatto nel 1784 da Giuseppe Pelli Bencivenni e dedicato in gran parte alla registrazione delle opere di recente acquisizione Nello specifico, l’inv. 14735 F è identificabile nello studio di anonimo raffigurante la “Vergine sedente con il collo il Bambino” realizzata “a penna con più/ una Figura femminile/ nuda aggruppata da un Lato. Nel di die/tro altra Femmina nuda Stante” (cfr. Petrioli Tofani 2014); il foglio è descritto al numero centoquarantaquattro del volume VII realizzato con ogni probabilità “ex-novo” dallo stesso Pelli, in quanto non compare tra i libri citati nell’‘Inventario generale’ del 1769 . (Roberta Aliventi, 2022)