Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
L’opera, uno dei fogli meno noti del corpus grafico di Botticelli, raffigura san Girolamo, vestito con abiti cardinalizi e colto in una pausa della scrittura, con una penna nella mano destra e un volume aperto nell’altra . Tra il XVIII e il XIX secolo il disegno era ritenuto di Taddeo Gaddi, come si evince dagli inventari manoscritti dell’epoca . Fu Pasquale Nerino Ferri, conservatore del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe a cavallo tra Ottocento e Novecento, a riportare l’opera a Botticelli , probabilmente riprendendo un’iscrizione sul verso – assai antica, forse cinquecentesca – o forse su suggerimento di Giovanni Morelli, che nel 1890 la pubblicava come autografa. Tale attribuzione venne accolta nel repertorio dei disegni di artisti fiorentini di Bernard Berenson (1903; 1938; 1961), nella monografia di Herbert Horne ([1908] ed. 1986) e in altre pubblicazioni , salvo alcuni distinguo: Hermann Ulmann (1893) giudicò il foglio una debole imitazione delle forme del maestro per i contorni duri, l’aspetto “legnoso” delle vesti e una certa disarmonia nelle proporzioni delle membra; anche Aldo Bertini (1953) lo escluse dal suo volume sui disegni di Botticelli per ragioni qualitative, addotte più tardi anche da Salvini (1958) che lo assegnò alla bottega. A partire dalla seconda metà del secolo, tuttavia, l’autografia botticelliana è stata unanimemente accettata . Sono diverse le ipotesi sulla cronologia dello studio, che non è riconducibile a nessuna opera pittorica del maestro. Se Horne lo collocava intorno al 1485 per somiglianze stilistiche con i santi della Pala Bardi , in seguito la maggior parte degli studiosi lo ha riferito all’ultimo decennio del Quattrocento ; tra questi, vi è anche Caterina Caneva (in Firenze 1992) che ha ravvisato somiglianze tipologiche tra la figura disegnata sul foglio e il ‘Sant’Agostino nello studio’ degli Uffizi del 1490-1494 circa link . Caneva non ha escluso che il disegno fosse uno studio per un pendant della piccola tavola fiorentina, oppure una prima versione per essa, poi sviluppata diversamente. Ilaria Ciseri (in Roma 2000) ha invece anticipato la cronologia alla seconda metà degli anni sessanta del Quattrocento, collegando la posa e la costruzione della figura a esempi giovanili come la ‘Fortezza’ link o la ‘Madonna della loggia’ link degli Uffizi; anche il senso di calma interiore che emana il personaggio e lo stesso trattamento compatto della barba evocano, a suo parere, lo stile iniziale dell’artista. Le proporzioni della figura seduta, con le spalle spioventi e il busto lungo ricordano figure botticelliane dell’ottavo decennio, come quelle che compaiono nella ‘Madonna col Bambino in trono e i Santi Giovanni Battista, Maria Maddalena, Francesco, Caterina d’Alessandria, Cosma e Damiano’ (1470 circa) link e nell’‘Adorazione dei Magi’ (1475 circa) link agli Uffizi, mentre il volto pensoso e la barba compatta del santo non sono estranei alle figure di pontefici spettanti a Botticelli sulle pareti della Sistina, in particolare all’effigie di Stefano I. Per queste ragioni sembra ragionevole proporre, per il foglio, una cronologia a metà strada tra quella assai precoce proposta da Ciseri e quella tarda sostenuta da altri studiosi. Nelle sue peculiarità tecnico-materiali e stilistiche il disegno appare coerente con altri studi di Botticelli. La figura è delineata con un segno a punta metallica nitido e senza pentimenti che si sofferma su alcuni dettagli, come la legatura del codice, e descrive il panneggio che si frastaglia ai piedi del santo in ampie pieghe, oggi decurtate dall’antica rifilatura del foglio. Il chiaroscuro è affidato a un tratteggio parallelo e obliquo, a punta metallica come la linea di contorno, ma assai più lieve e finemente modulato, e a lumeggiature a biacca stese con perizia. La semplificazione volumetrica della figura e la sua solida struttura sono forse all’origine dell’antica ascrizione a Taddeo Gaddi, uno dei protagonisti del Trecento fiorentino . A questi elementi si aggiungono altri motivi che potremmo definire “arcaici”: l’aspetto della barba e il gesto virtuosistico della mano con la penna conferiscono al personaggio un’aura assai diversa da quella di altre simili figure dipinte da Botticelli, come il ‘Sant’Agostino nello studio’ di Ognissanti (1480 circa) link o i santi dell’Incoronazione della Vergine agli Uffizi (1488-1490) link ; il busto lungo, il rapporto proporzionale tra le spalle spioventi e le ginocchia sono sì caratteristiche del modulo anatomico botticelliano, ma qui, in particolare, sembrano anche il risultato di una meditazione su forme più antiche, forse su un prototipo scultoreo tardo trecentesco o di primo Quattrocento, al momento, tuttavia, non ancora rintracciato. La linea di contorno ferma, netta e continua e una certa durezza delle forme che in passato hanno sollevato perplessità sull’autografia, potrebbero forse essere dovute alla natura del disegno, da intendersi quale presumibile esercizio di copia e rielaborazione? . Nel contenuto corpus grafico di Botticelli si rintracciano del resto altre figure ispirate a modelli plastici antichi e moderni, come il ‘David’ di Andrea del Verrocchio – in un foglio a Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, (inv. FC 128041 v.) –, il ‘David’ di Donatello e i Dioscuri di Montecavallo, ricordati in un altro studio al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi (inv. 391 E r.-v.) link . La rigidità della linea che ritaglia l’immagine dallo sfondo potrebbe anche richiamare, in qualche modo, l’attività di Botticelli nelle arti applicate : l’artista fornì infatti disegni per tarsie lignee, nel duomo di Pisa e nel Palazzo Ducale d’Urbino, e per ricami destinati a paramenti e vesti liturgiche , come testimonia un disegno al Louvre ascritto alla bottega (inv. 2686 recto) link . (Laura Da Rin Bettina, marzo 2023)