Progetto Euploos

Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi

Scheda Catalogo "2011 O"

Legenda: Apri Immagini Opera
Apri immagine alta risoluzione
Scheda aggiornata al 09-10-2024
Opera 2011 O

Iscrizioni

  • autore ignoto ottocentesco: "Dentice", a penna sul recto a destra
  • autore ignoto ottocentesco: "Sparus dentex/ Dentice", a penna sul recto a destra
  • autore ignoto ottocentesco o novecentesco: "2011", a matita blu sul recto in basso a destra
  • autore ignoto: "Dentice Rosso", a matita sul verso
  • autore ignoto di epoca moderna: "cfr. Bologna, Bibl. Univ. Tavole Animali, Aldrovandi, VI, c. 13", a matita sul vecchio montaggio
  • autore ignoto: "J. Ligozzi", a matita sul recto in alto a destra

Notizie storiche e critiche

Possiamo facilmente immaginare Jacopo Ligozzi chiuso nel suo studio – ubicato almeno fino al 1587 presso il ‘Casino’ di San Marco in via Larga, rifugio alchemico del duca Francesco I –, intento a studiare con singolare scrupolo gli esemplari ittici che di volta in volta aveva la fortuna di prelevare dalle raccolte granducali. Dopo un’osservazione prolungata e attenta, telescopica e microscopica allo stesso tempo, era in grado di ritrarli su carta con straordinaria acribia. Per varietà e ricchezza di esemplari rappresentati non possiamo escludere che il maestro si avvalesse anche di volumi illustrati di ittiologia – i trattati di Pierre Belon (1551), Guillaume Rondelet (1554-1555), Ippolito Salviani (1554) e Conrad Gesner (1551-1558) erano dotati di un ricco corredo iconografico – memorie visive fondamentali quanto l’esame diretto. Nacquero in questo modo veri e propri acquari di carta, capolavori degni della fama di Ligozzi illustratore naturalistico dipinti su fogli rifilati e successivamente incollati su un controfondo di misura massima 315 x 435 mm (invv. 2007, 2020 O). Opere grandi, dunque, in taluni casi monumentali e proprio la serie dei pesci fu elogiata con particolare trasporto da Ulisse Aldrovandi che, tra tutti gli studiosi del tempo, fu probabilmente quello che con più perseveranza aveva sostenuto il valore della documentazione iconografica dell’intera realtà natrale. Il protoscienzato bolognese, infatti, era animato dalla convinzione che la comprensione della natura passasse necessariamente attraverso l’osservazione diretta, secondo un metodo di ricerca fondato sull’impiego degli “occhi corporei” per correggere “le migliaia di errori” che avevano costellato fino ad allora la “cognizione delle piante, animali et minarali”. Da qui la necessità di una buona riproduzione grafica e di illustratori addestrati, e il conseguente desiderio, appagato solo in minima parte, di avvalersi dei servigi dell’eccellente “pittore del Granduca”, il campione in questo campo . Sappiamo che nel 1577 Francesco I intrattenne lo stesso Aldrovandi nel suo ‘Casino’, mostrandogli per “tre intere hore” tutte le cose recondite ivi contenute; opere stupefacenti secondo il bolognese, tutte dipinte dal vero “dal sig. Jacomo Ligozzi, a’ quali non manchase non il spirito” Proseguendo nella sua ‘Autobiografia’, ricordava un dettaglio ancor più interessante ai fini della nostra indagine, ossia la visita durata oltre cinque ore alle cose naturali, “come pietre, gioie, terre, metalli, etc., e molte pitture di pesci al vivo retratti”. Con l’espressione usata da Aldrovandi “al vivo retratti”, dobbiamo plausibilmente intendere non tanto pesci dipinti quando ancora vivi e vegeti, quanto piuttosto ritratti “dal vero”, “dal naturale”. A questo proposito abbimo precisa menzione dell’esistenza nel ‘Casino’ mediceo di “un liquore fatto di sua invenzione [cioè dallo stesso Granduca] nel quale come corpi non minati servava i pesci col suo proprio colore; secreto veramente da servirsene per far venire da lontano varij animali inchiusi in quel liquore” . Nel ricordo di un successivo soggiorno Firenze, nel giugno del 1586, di nuovo Aldrovandi si soffermava sullo studiolo di Ligozzi, dove ebbe l’opportunità di vedere pesci conservati sotto spirito preparati per essere ritratti al naturale . L’interesse del pittore per la fauna acquatica e naturalistica in genere, stando alla puntuale ricostruzione di Lucilla Coniglietto , doveva essersi manifestato prima dell’arrivo a Firenze, forse già durante l’attività giovanile nella città natale Verona o, più plausibilmente , nel corso del soggiorno a Venezia, centro lagunare dove la produzione di illustrazioni naturalistiche era da tempo particolarmente apprezzata e ricercata. Due codici conservati presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna, il Cod. min. 83 che raccoglie pesci, molluschi e crostacei (più l’inserimento di un rettile) e il Cod. min. 131 con 134 studi di uccelli, sono stati significativamente ricondotti alla mano del Nostro nel periodo veneziano, contribuendo forse in parte a far luce sulla sua oscura fase giovanile, o quantomeno precedente l’arrivo a Firenze

Torna in alto