Progetto Euploos

Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi

Scheda Catalogo "2946 F"

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Scheda aggiornata al 03-10-2022
Opera 2946 F

Notizie storiche e critiche

Lo stemma è identificabile con quello della famiglia Giusti e va riferito ad un incarico diretto o a un dono rivolto al conte Agostino Giusti (1546-1615), cavaliere della Repubblica veneta, gentiluomo del Granduca, mecenate e amico personale di Jacopo Ligozzi. La Famiglia toscana dei Giusti si era trasferita a Verona nel Trecento, svolgendovi attività commerciali. Fu iscritta nel Nobile Consiglio cittadino nel 1405, venendo fregiata del titolo comitale nel 1502 dalla Repubblica Veneta. Da un punto di vista araldico si ha motivo di ritenere che il disegno sia databile entro il 1600, anno in cui, con privilegio dell'imperatore Rodolfo II ottenuto a seguito di benemerenze militari, lo stemma fu inquartato con l'inserimento di due aquile. Il Conte Agostino fece edificare il Palazzo di famiglia ai piedi della collina di San Zeno, e lo splendido giardino rinascimentale ispirato all'esempio di Boboli che poi diede il nome a un ramo della famiglia. Appassionato cultore della musica (ospitò l'Accademia filarmonica) fu al contempo collezionista di opere d'arte, celebre in particolare per la sua raccolta di ritratti di uomini illustri, verosimilmente mutuata dalla serie gioviana degli Uffizi. Il conte, che in una lettera scritta a Jacopo il 14 dicembre 1593 si firmava “Di V.S. Come fratello per Servirvi sempre” e pregava l'artista di raccomandarglisi al Giambologna , era in stretti rapporti con Ligozzi già nel 1577, quando anticipava per questi somme necessarie al mantenimento della famiglia lasciata a Verona . Da una missiva scritta dal Ligozzi a Vincenzo Gonzaga il 9 gennaio 1592 apprendiamo che il Giusti si fece tramite con l'artista di procurare al duca frescanti per la residenza di Marmirolo . Tra il 1593 e il 1594 Agostino seguiva vari affari di Jacopo a Verona, venendo importunato dai contadini della tenuta ligozziana di Valpolicella che reclamavano pagamenti e convocato in tribunale da Francesco, fratello dell'artista, per la spartizione dell'eredità dello zio paterno Michele, che il 7 dicembre 1594 risultava ormai decisa . Il conte anticipava abitualmente pagamenti per conto dell'amico . Il 2 dicembre 1595 l'artista scriveva ad Agostino inviandogli un parente, Padre Don Benedetto, latore di “sette paesi co' e Sua adornamenti per el Suo studio con un ritrato dippinto in tavola di mano di rafaello da Urbino: la li goderà per amor mio che Sono in Segno deli molti hoblighi ch'io li tengo” . Per il Giusti Jacopo dipinse un 'Ecce Homo' di notevole suggestione, che conosciamo attraverso la stampa di Raphael Sadeler, del 1598, un'immagine che ebbe notevole diffusione. Ancora il 28 settembre 1608 Ceccone di Mercurio Ligozzi, ricamatore a Verona, scriveva al cugino pregandolo di raccomandarlo al Giusti, per ottenere protezione . Il 22 ottobre 1611 il conte Agostino si mosse a scrivere allo stesso granduca Ferdinando I, perché questi sollecitasse l'amico a concludere la pittura del quadrone per il Consiglio di Verona raffigurante 'Gli ambasciatori veronesi che consegnano la chiave della città al Doge', già in parte pagato, che Ligozzi avrebbe poi consegnato soltanto nel 1619 . Da una nota del Consiglio del 26 marzo 1613, in cui si delibera di muovere causa all'artista per il ritardo, si comprende che il conte era stato tramite della commissione . Alla morte di Agostino Jacopo mantenne i contatti con il figlio di lui, il conte Giovan Jacopo, che intercedette per il saldo della tela poco prima della consegna . In una lettera scritta il 25 gennaio 1620 o 1621 al figlio domenicano fra' Gabriele Ligozzi, che risiedeva a Verona presso il convento di Sant'Anastasia, l'artista gli raccomandava di continuare a far visita al nuovo conte per mantenere il favore, pregando “lo mantenga in fede di quella pietra che vi schrisi per lui la qualle manderò Sichuramente” . Questa sollecitudine a conservarsi nelle grazie del giovane ritorna nella lettera al religioso del 10 agosto 1621, dal momento che – egli riferisce, coniando una sorta di motto -“sotto il Giusti [sic] bramo il Giusto” . Tra l'artista e Giovan Jacopo intercorse certamente corrispondenza, cui si fa cenno nella lettera al figlio del 24 agosto 1621 . Questo disegno, al di là del significato araldico, è uno splendido cammeo, straordinariamente curato nei dettagli. Il virtuosismo inventivo e tecnico di Jacopo, peritissimo miniatore, viene esibito a tutto tondo, nella sua decorazione che incornicia lo stemma. In alto due figure maschili giacenti richiamano da lontano le sculture di Michelangelo della Sagrestia Nuova di San Lorenzo, mentre in basso due arpie dal corpo spiraliforme si raccordano al centro in una maschera, al di sotto della quale è raffigurata una sorta di vagina. Di grande finezza l'attenzione luministica, con la resa delle ombreggiature, particolarmente evidente nel profilo delle nappe rosse proiettato in basso. Il foglio, che ricorda anche le invenzioni dei cartigli del Louvre e dell'Albertina, certamente molto più tardi, rimanda per altri versi alla decorazione degli strombi delle finestre della Tribuna degli Uffizi e alle tavole di soggetto turco, cui è stato avvicinato come possibile frontespizio della serie, ipotesi per più versi da escludere. (Lucilla Conigliello, in Firenze 2014, redazione R. Aliventi)

Mostre

  • Firenze 2014
    Cecchi A./ Conigliello L./ Faietti M., Jacopo Ligozzi "pittore universalissimo", catalogo mostra Firenze, Palazzo Pitti - Galleria Palatina 2014, Livorno 2014, pp. 160-161 n. 57 (scheda a cura di Conigliello L.)

Bibliografia

  • Ferri P. N. 1890
    Ferri P. N., Catalogo riassuntivo della Raccolta di disegni antichi e moderni posseduta dalla R. Galleria degli Uffizi compilato ora per la prima volta dal conservatore Pasquale Nerino Ferri, Roma, 1890, p. 236
  • Spreti V. 1928-1936
    Spreti V., Enciclopedia storico-nobiliare italiana. Famiglie nobili e titolate viventi riconosciute dal R. Governo d’Italia. Promossa e dir. dal Vittorio Spreti, Milano, 1928-1936, v. III (1930) p. 495
  • Forlani Tempesti A. 1982
    Forlani Tempesti A., Jacopo Ligozzi nel gran serraglio, in FMR, I, 1, 1982, pp. 72-1003
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