Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Chiamato nel 1585 al servizio del re Filippo II di Spagna, Federico Zuccari soggiornò presso El Escorial fino alla fine del 1588 per contribuire alla decorazione della basilica e del monastero . Contestualmente a tale lavoro, si accinse a trascrivere e a illustrare le tre cantiche della ‘Divina Commedia’. Si tratta di un’impresa di vasto respiro, verosimilmente concepita senza alcun intento commerciale e che costituisce – insieme alla serie realizzata quasi un secolo prima da Botticelli su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici – il ciclo illustrato più vasto e completo dedicato alle tre cantiche. Zuccari, come si vedrà in seguito, concepì una vera e propria descrizione per immagini del viaggio ultraterreno del Sommo Poeta narrato nella Commedia. Il suo lavoro, infatti, “si inserisce in un clima culturale, quello italiano tardo cinquecentesco, particolarmente sensibile […] al tema dell’ut pictura poesis, al dialogo e al confronto cioè tra arti visive e attività letteraria” . Contemporaneamente a Federico, si accingevano a illustrare le terzine dantesche diversi artisti attivi a Firenze, tra cui Jacopo Ligozzi, Giovanni Stradano e Ludovico Cigoli . Le opere di questi ultimi si legano in modo specifico alle riflessioni sulla ‘Commedia’ promosse all’interno degli ambiti accademici della città toscana, mentre i pareri degli studiosi circa la reale influenza del coevo dibattito dantesco sul ciclo ideato da Zuccari rimangono discordanti . Se la ‘Commedia’ rappresenta una fondamentale fonte di ispirazione per il ‘Giudizio Universale’ affrescato dal pittore marchigiano nella cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze (1575-1579), è altrettanto vero che “il pensiero dantesco attraversa gran parte del linguaggio iconografico e simbolico della pittura di Zuccari e costituisce la base filosofica per la propria visione della teoria d’arte” espressa nel trattato l’‘Idea de’ pittori, scultori et architetti’ del 1607 . In linea con questa concezione è ovviamente il ‘Dante historiato’, titolo con cui è nota l’intera serie di Federico e della quale sono attualmente conservate alle Gallerie degli Uffizi ottantotto tavole (invv. 3474 F-3561 F) – ventotto dedicate all’Inferno, quarantanove al Purgatorio e undici al Paradiso –, corredate da altrettanti fogli di testo contenenti brani del poema e annotazioni sempre di mano di Zuccari (Brunner 1999, p. 17). La prima testimonianza relativa ai “disegni in carta detti la Comedia di Dante” risale al 19 agosto 1609 quando, a un mese di distanza dalla morte dell’artista, venne stilato l’inventario dei suoi beni che li offrì al duca di Urbino, Francesco Maria II della Rovere; con ogni probabilità la trattativa non andò a buon fine e il ciclo venne acquistato, insieme a ‘La Calunnia’, dai figli di Virginio Orsini, duca di Bracciano . In data imprecisata i fogli, che Federico aveva custodito sciolti, vennero raccolti in un unico volume dal titolo ‘Dante historiato da Federico Zuccaro’. L’Elettrice Palatina Anna Maria Luisa de’ Medici, tramite vicende ancora da ricostruire, entrò in possesso del libro che, nell’agosto del 1738, fu da lei donato al museo fiorentino. Dopo diverse interpolazioni, subite tra la seconda metà del Settecento e gli anni Quaranta dell’Ottocento, il tomo venne sottoposto a un minuzioso restauro in vista della mostra dantesca allestita nel 1865 a Firenze in Palazzo Medici-Riccardi ; la struttura e l’aspetto conferiti all’album durante questo intervento rimasero immutati fino al 1993, quando numerose tavole vennero estratte per essere esposte al Castello di Torre de’ Passeri in Abruzzo. Il volume, attualmente smembrato, è stato riprodotto in facsimile nel 2005: sfogliare la sequenza delle illustrazioni, con le relative parti testuali poste nella pagina a fronte, permette ancora oggi di cogliere appieno l’indissolubile intreccio tra parola e immagine ideato da Zuccari e la complessità della sua impresa. Il ‘Dante historiato’ non ripropone la ‘Divina Commedia’ nella sua interezza, ma presenta un’accurata selezione di terzine, che porta a focalizzare l’attenzione sul raggiungimento della virtù spirituale da parte di Dante nel suo difficoltoso viaggio ultramondano. L’intento morale e pedagogico è reso esplicito da Federico nella prima tavola (inv. 3474 F) – dove accanto a Dante smarrito nella selva oscura compare la scritta “gioventù male incamminata” – e nel commento testuale relativo ad essa: il cammino del Sommo Poeta diventa quello degli adolescenti attirati dai “piaceri mondani” che possono giungere attraverso un arduo percorso e grazie a una buona guida “alla cognizione della virtù”. I giovani cui si rivolge in prima istanza Zuccari sono gli artisti all’inizio della loro carriera; d’altra parte egli, all’interno dell'Accademia di San Luca da lui fondata nel 1593, si occupò di formare nuove generazioni di pittori . L’idea di un percorso virtuoso assimilabile a quello dantesco ricorre sovente nelle opere grafiche e pittoriche di Federico e si riflette nelle pagine del suo trattato . È, inoltre, plausibile pensare che egli si identificasse con Dante in qualità di esule e di innocente perseguitato . Zuccari dimostra di possedere una profonda conoscenza della Commedia e delle sue numerose edizioni critiche . Nel ‘Dante historiato’, i versi e la quasi totalità dei commenti che li accompagnano derivano dal ‘Dante con nuove, et utili ispositioni’ pubblicato in dodicesimi da Guillaume Rouille (Rovillio) nel 1551 e riedito in altre tre occasioni (1552, 1571, 1575). Federico si servì anche del ‘Dante con l’espositione di Christoforo Landino et d'Alessandro Vellutello’, curato da Sansovino ed edito da Sessa per la prima volta nel 1564 con ristampe nel 1578 e nel 1596; si tratta di un’edizione riccamente illustrata, che Zuccari probabilmente consultò presso il monastero El Escorial dove ne era conservata una copia. L’artista scelse di affidare lo sviluppo narrativo principalmente ai disegni, nei quali l’uso di differenti tecniche, le molteplici soluzioni compositive e i vari registri stilistici adottati riflettono il mutare della lingua, delle atmosfere e del contenuto nelle tre cantiche. Con l’intento di riprodurre la continuità del percorso dantesco Federico sceglie di rappresentare in un’unica tavola vari episodi di uno o più canti; questa soluzione, nell’‘Inferno’ e nel ‘Purgatorio’, coincide con la riproposizione – all’interno della medesima immagine – delle figure di Dante e di Virgilio, che scandiscono dunque la sequenza degli eventi. Non di rado, vi sono collegamenti visivi tra studi consecutivi, come nel caso delle due tavole relative al settimo cerchio del terzo girone infernale (invv. 3490 F-3491 F). All’estrema destra dell’inv. 3490 F – dedicato ai “violenti contro dio”, ovvero i bestemmiatori, sdraiati su un sabbione rovente sotto una pioggia di fuoco – ritroviamo una schiera di sodomiti (“violenti contro natura”), tipologia di peccatori rappresentata anche nell’inv. 3491 F. In entrambe le scene è presente il maestro di Dante Brunetto Latini, letterato e uomo politico fiorentino punito tra i sodomiti; se nella prima immagine viene raffigurato a colloquio con l’allievo (inv. 3490 F), nella seconda è colto mentre si volge all’indietro per riprendere la sua eterna corsa sotto il fuoco (inv. 3491 F). Per restituire in modo più efficace e incisivo le descrizioni, Zuccari ricorre spesso a originali espedienti visivi, che riesce a elaborare anche sulla base di un’attenta consultazione delle edizioni critiche ; nell’‘Incontro con Caronte’ (inv. 3476 F), ad esempio, la luce rossastra prodotta dal terremoto è suggerita dalla presenza delle fiamme sulla sinistra. La barca piena di anime di Caronte, sempre nella stessa scena, contiene invece un esplicito riferimento al Giudizio Universale affrescato da Michelangelo nella Cappella Sistina. Per tale dettaglio è conservato al Louvre un studio preparatorio , rara testimonianza del lavoro che precede l’esecuzione dei disegni degli Uffizi, tutti attentamente rifiniti. Un’esplicita deroga ai versi è la raffigurazione, a partire dal ‘Limbo’ (inv. 3477 F), del Sommo Poeta e della sua guida con il capo cinto d’alloro; la scelta è riconducibile all’esegesi di Vellutello, nella pubblicazione curata da Landino, che crea un esplicito parallelismo tra Cristo giunto al Limbo “con segno di vittoria coronato” e i due poeti a loro volta capaci di trionfare sul peccato . In relazione alla prima cantica, si evidenzia la scelta di Zuccari di copiare le terzine e i commenti in fogli separati, inserendo nelle tavole solo brevi didascalie dove sono indicate le varie tipologie di peccatori, le pene inflitte, i nomi dei personaggi o i luoghi rappresentati. I cupi paesaggi del mondo dei dannati – in cui si ritrovano chiare tangenze con gli affreschi realizzati dallo stesso Federico in Santa Maria del Fiore – sono restituiti con l’uso combinato della pietra nera e rossa; se con la prima vengono definiti i fondali e le architetture, la seconda è utilizzata per delineare principalmente le figure, le fiamme e il sangue. La bicromia consente di rendere al meglio lo strazio causato dai castighi eterni e i forti contrasti di luce e ombra. Elemento costantemente sottolineato nelle scene infernali è quello della corporeità di Dante e della fatica fisica che impone il percorso: cadute da dirupi, arrampicate su pareti scoscese e attraversamento dei ponti rocciosi (inv. 3498 F). Il violento chiaroscuro è abbandonato nel ‘Purgatorio’ dove, tramite il ricorso alla penna, si delineano atmosfere più lievi e chiare che manifestano la presenza del sole; fonte di illuminazione sovrannaturale sono invece gli angeli, le cui apparizioni corrispondo al passaggio dei due viandanti da una delle sette cornici che compongono il ‘Purgatorio’ all’altra (inv. 3532 F). A differenza della prima cantica, Zuccari decide, inoltre, di inserire le terzine all’interno delle illustrazioni, lascando nei fogli di testo solo le annotazioni. La disposizione dei versi, rispetto alla raffigurazione, muta sensibilmente nel corso della serie; se all’inizio essi vengono posizionati liberamente nello spazio, è nelle sei tavole dedicate alla prima cornice dei superbi, che trovano una “disposizione più ordinata e verosimile in rapporto agli esempi” illustrati (inv. 3517 F) . Le complesse composizioni della seconda cantica ideate da Federico restituiscono lo scorrere del tempo e il senso dell’ascesa verso il ‘Paradiso’; questo cammino appare scandito da tre sogni, visualizzati dall’artista tramite bolle sospese nell’aria (cat. inv. 3532 F). Al termine delle sette cornici, si trova il Paradiso Terrestre, raffigurato con l’introduzione di un mezzo tecnico nuovamente mutato. Le sei scene dell’‘Eden’ (invv. 3445 F-3449 F) sono realizzate prevalentemente a pietra rossa, come a preparare e ad anticipare le atmosfere della terza cantica. In quasi tutti i fogli del ‘Paradiso’, infatti, il pittore ricorre a tale tecnica, che gli consente di restituire appieno la luce divina e il dissolversi del tempo e dello spazio fisico. Tornando al ‘Paradiso Terrestre’ è qui che Dante incontra finalmente Beatrice, che appare cinta d’ulivo e assisa sul carro della Chiesa. In un’unica tavola (inv. 3548 F) Zuccari raffigura il pianto del Sommo Poeta, provocato inizialmente dall’assenza di Virgilio che è tornato nel ‘Limbo’ e poi dai rimproveri di Beatrice, e la sua successiva purificazione nelle acque del Lete, che dona l’oblio dei peccati terreni; è questo un passaggio obbligato da parte di Dante per ascendere al ‘Paradiso’ e ottenere il pieno raggiungimento della virtù. (scheda a cura di Aliventi R., pubblicata in Forlì 2021)