Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Un’antica iscrizione riferisce il disegno al Pinturicchio ed è con tale attribuzione che entrò nella collezione di Leopoldo de’ Medici nell’ultimo quarto del Seicento: la ‘Nota de’ Libri de’ disegni’ del 1687 – che dà conto della consistenza della raccolta alcuni anni dopo la morte di Leopoldo – menziona cinque fogli del Pinturicchio nell’Universale VI, un tomo miscellaneo che raccoglieva studi di vari autori; circa un secolo dopo Giuseppe Pelli Bencivenni, allora Direttore delle Gallerie degli Uffizi, citò lo stesso numero di fogli all’interno di quel volume e si soffermò a descrivere il nostro come: “Femmina scapigliata presso una grotta, che con spavento osserva una nave, a penna, su cartapecora, bello” . Alla fine dell’Ottocento Pasquale Nerino Ferri, conservatore del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, inventariò il disegno sotto il nome di Piero di Cosimo, mentre Giovanni Morelli (1893) lo ascrisse ad Antonio del Pollaiolo. Si deve ad Adolf Bayersdorfer (1893) e Hermann Ulmann (1894) la restituzione dell’opera a Francesco di Giorgio Martini, accolta da tutti gli studiosi che concordano anche sulla datazione al 1470-1475 circa proposta da Andrea De Marchi (in Siena 1993) sulla base delle puntuali corrispondenze stilistiche tra il paesaggio sullo sfondo e le rocce nella ‘Natività’ di San Benedetto fuori Porta Tufi a Siena, commissionata nel 1475. Il foglio fa parte di un gruppo di quattro disegni a penna e inchiostro su pergamena, tutti risalenti al primo lustro degli anni Settanta del Quattrocento e generalmente interpretati come opere d’arte autonome . ‘Adamo ed Eva’ a Christ Church, Oxford (inv. 1976) , il ‘Giovane in un paesaggio roccioso’ agli Uffizi (inv. 342 E) link» e l’‘Atlante’ all’Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig (inv. Z 292) sono caratterizzati, come il foglio in esame, da un finissimo e complesso tratteggio e da figure dinamiche memori dell’arte di Liberale da Verona e Antonio del Pollaiolo ; i panneggi rigonfi di Atlante richiamano da vicino le vesti fluttuanti della fanciulla del nostro foglio; inoltre in quest’ultimo, nell’‘Adamo ed Eva’ e nel ‘Giovane’ le figure vennero tracciate per prime, mentre l’ambientazione fu aggiunta solo in seguito . Quanto al soggetto dell’opera in esame, si deve a Paul Schubring (1916) l’identificazione con la vicenda di Ippo (o Ippona), una giovane greca che, catturata lungo la spiaggia dai pirati, si diede la morte gettandosi in mare per non soccombere alle loro violenze e preservare la sua virtù. Questa lettura sostituisce la precedente che vi vedeva Arianna abbandonata da Teseo a Naxos ed è stata generalmente accolta dagli studiosi, anche se di recente sono state sollevate delle perplessità per alcune incongruenze tra il disegno e la vicenda di Ippo, come l’albero spezzato della nave che è stato ritenuto allusione a un naufragio . In effetti, il disegno non è di facile interpretazione anche a causa del suo stato conservativo e di alcune particolarità tecniche. Nuovi elementi utili alla sua lettura sono stati forniti dall’imaging multispettrale condotto dal CNR in collaborazione con Maurizio Michelozzi, restauratore delle Gallerie degli Uffizi . Se già a occhio nudo si distinguevano sul foglio tratti a penna di diverse tonalità, l’immagine in falso colore (IRFC) ha confermato la presenza di tre inchiostri: uno per la figura, un secondo, metallo tannico per la costa rocciosa e per la nave, e un terzo per l’iscrizione. Le parti tracciate con l’inchiostro metallo tannico sono rese con un segno più grossolano di quello usato per la fanciulla (evidente in particolare nel tratteggio che collega la figura con lo sfondo) che fa pensare all’intervento successivo di una diversa mano. Questa discrepanza qualitativa tra figura e sfondo è ancora più evidente se si confronta ‘Ippo’ con il ‘Giovane in un paesaggio roccioso’ (inv. 342 E): in quest’ultimo la figura umana e il paesaggio si integrano più armoniosamente e sono delineati con il medesimo tratteggio minuto e finemente modulato. Lo stesso segno caratterizza la giovane Ippo, che tuttavia sembra incompleta: manca infatti il suo braccio sinistro , mentre la lacuna nella parte inferiore del corpo è probabilmente dovuta al deterioramento del foglio. È forse proprio a seguito di questo degrado che avvenne un ripasso di alcune parti della composizione con inchiostro metallo tannico? E il disegno originario presentava tutti gli elementi attuali? L’immagine a raggi ultravioletti mostra lievi tracce delle fini ombreggiature antiche sulle rocce e sull’albero della nave: è possibile dunque ipotizzare che il disegno prevedesse in origine un’imbarcazione del tutto simile a quella che si vede oggi, anche se lo stato conservativo e la complessità tecnica non permettono di giungere a conclusioni certe. Proprio la nave con la vela a lacci sciolti fu l’elemento che spinse Aby Warburg a inserire il disegno nella tavola 48 del suo Bilderatlas Mnemosyne: rimasto incompiuto alla morte dello studioso nel 1929, l’Atlante ripercorre temi e motivi visivi ricorrenti dall’antichità, al Rinascimento fino all’epoca contemporanea . Warburg ebbe probabilmente occasione di vedere il disegno durante i suoi soggiorni fiorentini: dal 1881 era infatti esposto in Galleria e intorno al 1895 il museo recepì l’attribuzione di Ulmann a Francesco di Giorgio, certamente nota a Warburg che nel corso del suo primo soggiorno fiorentino del 1889 aveva partecipato proprio con Ulmann a un seminario di August Schmarsow. La tavola 48 dell’Atlas è dedicata alla Fortuna, un tema che lo studioso tedesco aveva già affrontato nel saggio ‘Le ultime volontà di Francesco Sassetti’ (1907): selezionando immagini tratte dalla cultura visiva europea – dall’età adrianea al Seicento, con grande attenzione al Rinascimento –, la tavola rifletteva sulla rappresentazione del fato nella vita umana e, in particolare, sul mutamento di mentalità rispetto all’idea di Fortuna nell’ambiente della borghesia mercantile europea . Su di essa sono accostate le personificazioni di Fortuna con ruota, Fortuna con ciuffo e Fortuna con vela, che corrispondono a tre habitus mentali che l’uomo può assumere rispetto all’incidenza della sorte nella sua vita: rispettivamente, un atteggiamento passivo, di lotta aperta e, nel caso della Fortuna con vela, una posizione intermedia di “collaborazione” e adattamento . Warburg vedeva nell’iconografia della Fortuna con vela il simbolo proprio della mentalità del ceto mercantile della Firenze del Quattrocento e rintracciava questo atteggiamento nei confronti del fato in un passo della lettera di Marsilio Ficino a Giovanni Rucellai: “Optimo è fare collei [cioè con la Fortuna, n.d.r.] o pace o triega, conformando la voluntà nostra colla sua, ed andare volentieri dov’ella accenna, accioché ella per forza non tiri.” . Il disegno di Francesco di Giorgio con la storia di Ippo, eroina annoverata da Boccaccio tra gli exempla castitatis perché “nullis adverse fortune tenebris lux possit obfuscari virtutis” (la chiarezza della virtù non si può oscurare per alcuna avversità di fortuna) , doveva forse evidenziare nella Tavola 48 la mutabilità della Fortuna: Ippo, minacciata nella sua virtù dai pirati, è figura del mercante rinascimentale che spesso avvertiva l’ira del fato quando, ad esempio, i corsari gli infliggevano sensibili perdite – è significativamente presente anche nella raffigurazione della Fortuna nel pavimento del Duomo di Siena, realizzato da Paolo Mannucci su disegno del Pinturicchio (1504-1516; Mnemosyne Atlas, tav. 48.13), e può essere dunque interpretato come un riferimento alla mutabilità della “Fortuna-tempesta”. (Laura Da Rin Bettina, settembre 2023)