Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Scheda Catalogo "404 E"
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Scheda aggiornata al 18-09-2023
inv. 404 E
Mantegna Andrea (1431/ 1506)
Giuditta e la fantesca Abra con la testa mozzata di Oloferne
Tecnica e materia: penna e inchiostro, pennello e inchiostro diluito (in parte non autografo), biacca (carbonato basico di piombo) su carta
Misure: 390 x 258 mm
Stemmi, emblemi, marchi: timbro a inchiostro di collezione: Reale Galleria degli Uffizi (Lugt 930) sul recto in basso al centro
Iscrizioni
A. Mantegna: "ANDREA MANTINIA - MCCCCLXXXXI - FEBR.", a penna sul recto lungo il margine destro
Notizie storiche e critiche
Andrea Mantegna, verso la fine del Quattrocento, elabora a Mantova disegni caratterizzati da una grande accuratezza esecutiva, apparentemente non destinati ad altre espressioni artistiche. Come è risaputo, Mantegna fu pittore di corte dei Gonzaga, e frequentava un variegato milieu di intellettuali, collezionisti e antiquarii. È, dunque, verosimile che quelle invenzioni tanto coltivate fossero destinate a membri dei Gonzaga o a qualche personaggio di spicco da ricercarsi tra le erudite frequentazioni dell’artista; è anche possibile che alcune rimanessero intenzionalmente presso lo stesso Mantegna. Nel caso di una committenza estranea ai marchesi di Mantova, oppure nell’eventualità di un’originaria destinazione delle opere alla collezione personale del loro artefice (ipotesi entrambe suggestive, al momento però prive di riscontri puntuali), non è escluso che il disegno indipendente divenisse un veicolo di diffusione di idee alternative rispetto a quelle che circolavano ufficialmente all’interno della corte dei Gonzaga. Non è neppure impensabile che celasse un messaggio più riposto e sotterraneo, volutamente comprensibile soltanto ad alcuni intimi.
È il caso, per esempio, della ‘Allegoria della caduta dell’umanità dominata dall’Ignoranza (o Virtus Combusta)’ del British Museum (link ) .
‘Giuditta e la fantesca Abra con la testa mozzata di Oloferne’ degli Uffizi, firmata e datata nel febbraio del 1491, va probabilmente identificata con il foglio descritto da Giorgio Vasari nel suo ‘Libro de’ Disegni’: “Nel nostro libro è in un mezzo foglio reale un disegno di mano d’Andrea finito di chiaroscuro, nel quale è una Judith che mette nella tasca d’una sua schiava mora la testa d’Oloferne, fatto d’un chiaroscuro non più usato, avendo egli lasciato il foglio bianco che serve per il lume della biacca, tanto nettamente che vi si veggiono i capegli sfilati e l’altre sottigliezze non meno che se fussero stati con molta diligenza fatti dal pennello; onde si può in un certo modo chiamar questo più tosto opera colorita che carta disegnata” .
Infatti, le differenze tecniche rispetto alla descrizione vasariana potrebbero essere imputabili almeno in parte a ripassi posteriori, così come non è escluso che il formato più ridotto del “mezzo foglio reale” derivi da successive manipolazioni. Il disegno, che Vasari diceva trattarsi di un’“opera colorita” piuttosto che di una “carta disegnata”, adotta infatti la tecnica, anch’essa di derivazione antica, del ‘chiaroscuro’, coniugando l’eleganza statuaria e all’antica dell’eroina al naturalismo della fantesca dalle fattezze negroidi.
L’artista padovano ritornò più volte sul tema; due versioni sono unanimemente considerate autografe: il finto bronzo al Montreal Museum of Fine Arts (link ) e la grisaille alla National Gallery of Ireland di Dublino (link ), che simula un rilievo in pietra o in marmo e introduce il motivo della tenda e del letto sullo sfondo, su cui è adagiato Oloferne . Una quarta versione a colori su tavola si trova alla National Gallery of Art di Washington, ma la sua attribuzione a Mantegna ancora in tempi recenti ha diviso la critica (link ) . Pareri discordi si verificano anche a proposito della cronologia delle tre opere, scalate in una sequenza ravvicinata tra il 1495 e il 1500 circa o tra il 1490 (o poco dopo) e il 1500–1505 circa . Il primo termine temporale viene considerevolmente anticipato da coloro che, accreditando l’autografia del dipinto a Washington, ne fissano l’esecuzione fra il 1470 e il 1475 e lo identificano verosimilmente nella “Giudetta con la testa di Oloferno e una serva, opera d’Andrea Squarcione” menzionata nell’inventario del 1492 in morte di Lorenzo il Magnifico e nella “dipintura” mandata da Mantegna a Lorenzo nel 1481 . A complicare la situazione, diversi altri disegni, per quanto non autografi, sembrano riflettere idee mantegnesche e lo stesso può dirsi per alcune stampe correlate . Una delle copie disegnate, oggi a Chatsworth, peraltro abbastanza vicina al dipinto di Washington, reca la data 1472 che, se autentica, potrebbe valere per il prototipo originale di Mantegna ; su un’ulteriore copia, di nuovo a Chatsworth, compare invece l’anno 1482 .
Ci si è intrattenuti sulla cronologia dei disegni, autografi e derivati, principalmente per comprendere a quale punto della filiera di immagini dedicate a Giuditta il foglio degli Uffizi possa collocarsi ma, riprendendo in mano le questioni dell’autografia delle opere, delle loro identificazioni storiche (nel caso del dipinto a Washington) e della cronologia, emerge quanto rimanga ancora da fare sotto il profilo dell’indagine filologica. Ci si limiterà perciò a sottolineare in questa sede la presenza di due principali filoni iconografici: Giuditta e la fantesca Abra con il capo di Oloferne isolate su uno sfondo privo di connotazioni descrittive, da un lato, e, dall’altro, le medesime figure disposte in un contesto ambientale accennato dalla tenda e dal letto in cui il corpo adagiato di Oloferne è richiamato dalla presenza naturalistica e raccapricciante del piede in scorcio. Il disegno degli Uffizi appartiene al primo filone, ma se ne differenzia innanzi tutto per la posizione di Giuditta, posta di spalle di tre quarti, e per lo sguardo della fantesca fisso sull’eroina.
Nelle versioni di Montreal, Dublino e degli Uffizi la relazione tra il tema e le tecniche rispettivamente a finto bronzo, a grisaille e a chiaroscuro su carta (quest’ultima in anticipo rispetto i chiaroscuri xilografici italiani) era certamente dovuta a una precisa scelta dell’artista . Per scandagliare in profondità i contenuti di ciascuna versione occorrerebbe saperne di più sull’originaria destinazione; per esempio, è indubbio che il finto bronzo di Montreal acquista un particolare significato a causa dell’associazione con il pendant raffigurante ‘Didone’ e nel contesto di una committenza che si fa risalire a Isabella d’Este, di cui sono noti l’interesse per la letteratura (in questo caso Petrarca e Boccaccio), gli esempi morali, il concetto del paragone, nonché per l’apporto del ruolo femminile nell’ambito della filosofia morale .
Nell’affresco a monocromo della cappella funeraria di Mantegna in Sant’Andrea a Mantova la posizione di Giuditta, per la sua frontalità, si accosta al chiaroscuro degli Uffizi più che a qualsiasi altra versione del soggetto finora nota. Si sarebbe tentati di pensare che tale vicinanza iconografica fosse dovuta a una permanenza del disegno presso l’artista fino alla sua morte , in questo caso la successiva dispersione dei beni di Mantegna potrebbe averlo precocemente messo in circolazione, tanto è vero che sembra già ricordato nel 1568 nel ‘Libro de’ Disegni’, sempre che l’identificazione con il foglio fiorentino sia corretta. Del resto Vasari, come già in altri casi, l’avrebbe potuto ottenere piuttosto facilmente anche da qualche suo collega . Si tratta, almeno per ora, solo di congetture che tuttavia concorrono a non farci scartare l’ipotesi della permanenza di alcuni disegni finiti, e particolarmente preziosi, presso l’artista, che all’occorrenza ne avrebbe fatto uso in modo tanto libero da renderli a prima vista non riconoscibili.
Torniamo un passo indietro per chiederci se, al momento di realizzare il foglio, Mantegna intendesse avanzare una captatio benevolentiae nei confronti della giovane moglie del marchese Francesco Gonzaga, impalmata nel gennaio del 1490, dal momento che vi affrontò un tema cui Isabella d’Este non era insensibile . Si può avanzare però una seconda ipotesi interpretativa, ancora più stringente qualora egli avesse destinato il chiaroscuro alla sua collezione privata. Forse ancora nel 1491 Mantegna continuava a nutrire apprensioni verso un problema di schiacciante attualità come il pericolo turco, che infatti lo aveva ispirato qualche decennio prima. In due dipinti realizzati nel corso degli anni Cinquanta in concomitanza o subito dopo la caduta di Costantinopoli, le ‘Orazioni nell’orto’ della National Gallery di Londra e del musée des Beaux-Arts di Tours, il pittore padovano aveva ideato una Gerusalemme ideale in cui confluivano riferimenti a Costantinopoli (l’Hagia Sofia nel dipinto di Tours) e a Roma (la Torre delle Milizie in quello di Londra) o forse a entrambe le città (se davvero nell’Orazione nell’orto di Londra la Torre delle Milizie figura accanto al monumento equestre di Teodosio) .
L’eroina ebrea, che assistita dalla schiava mora decapita il generale Oloferne liberando dall’assedio la città di Betulia, potrebbe dunque essere stata interpretata in chiave attualizzante, cioè come simbolo del cristianesimo tuttora in grado di respingere la minaccia turca. Una tale interpretazione poggia su eventi storici e su precisi orientamenti politici del marchese di Mantova. Infatti, Pio II Piccolomini tra il 27 maggio 1459 e il 19 gennaio 1460 aveva convocato proprio a Mantova un Congresso, con la speranza di riunificare un’Europa cristiana attorno all’idea della crociata contro i Turchi. Quanto a Ludovico II Gonzaga, aderì alle aspettative del Pontefice e mostrò di tenere particolarmente a cuore la questione d’Oriente, sentendosi coinvolto nelle vicende dei Paleologhi per vincoli e tradizioni familiari; non stupisce peraltro che egli desiderasse far apparire la propria città e la propria corte come eredi ideali di Bisanzio e della corte imperiale .
La lettura proposta è soltanto una delle possibili interpretazioni di un tema che poteva mutare sensibilmente il proprio significato: nel contesto delle complesse relazioni tra soggetto, contenuto, forma e tecnica non va trascurato il destinatario dell’opera, che infatti si ritaglia un ruolo determinante nella scelta del significato delle immagini (Marzia Faietti, 2018). Nuovi dati sono emersi dall’imaging multispettrale condotto sull’opera dal CNR in collaborazione con Maurizio Michelozzi, restauratore degli Uffizi (7/8/2023). L’immagine in falso colore (IRFC) mostra la natura metallo tannica dell’inchiostro – generalmente ritenuto un intervento posteriore – che sottolinea i profili e scontorna pesantemente il lato destro di Giuditta; con lo stesso inchiostro è stata ripassata parzialmente anche l’iscrizione. Le riprese a ultravioletto evidenziano poi che in origine le figure emergevano con maggiore plasticità dallo sfondo grazie alla linea che cesellava ogni dettaglio e alle ombre compatte gettate dalle figure. Inoltre nell’immagine UV l’inchiostro metallo tannico si fonde più armoniosamente con le ombre originali e porta a concludere che il ripasso fosse teso a rinforzare l’effetto ad altorilievo di questo ‘chiaroscuro’ (Laura Da Rin Bettina, settembre 2023)
Mostre
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Firenze 1981 Laboratorio di restauro del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, Restauro e conservazione delle opere d'arte su carta, catalogo mostra Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi 1981, Firenze 1981, pp. 121-122 n. 11 bis (scheda a cura di Bacci P. et al.)
Firenze 2001 Agosti G., Disegni del Rinascimento in Valpadana, catalogo mostra Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi 2001, Firenze 2001, pp. 127-134 n. 16, fig. 19 (scheda a cura di Agosti G.)
Firenze 2023 Faietti M./ Schmidt E. D./ Targia G./ Wolf G., Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini, catalogo mostra Firenze, Gallerie degli Uffizi 2023, Firenze 2023, p. 354 n. 55, ripr. a p. 284 (scheda a cura di Da Rin Bettina L.)
Bibliografia
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Inventario 1753 (BU, ms. 95) Inventario, Inventario generale di tutte le preziose Antichità e insigni Memorie che si conservano nella Galleria di S.M.I. in Firenze, 1753 (BU, ms. 95), n. 1134
Bianchi G. 1768 (BU, ms. 67) Bianchi G., Catalogo dimostrativo della Reale Galleria Austromedicea di Firenze come era nell'aprile dell'Anno MDCCLXVIII, 1768 (BU, ms. 67), c. 65
Inventario 1769 (BU, ms. 98) Inventario, Inventario Generale di tutte le Antichità, Pitture, e altre preziose Rarità che si conservano nella Real Galleria di S.A.R. Pietro Leopoldo I Arciduca d'Austria Gran Duca di Toscana, 1769 (BU, ms. 98), c. 356v n. 2029
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Pelli Bencivenni G. [1780-1784] (BU, ms. 113, classe III, v. I) Pelli Bencivenni G., Inventario Generale della Real Galleria di Firenze compilato nel 1784. Essendo Direttore della Medesima Giuseppe Bencivenni già Pelli N. P. F. colla presenza, ed assistenza del Sig.re Pietro Mancini Ministro dell'Ufficio delle Revisioni e Sindacati, [1780-1784] (BU, ms. 113, classe III, v. I), c. 321 n. 2
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Puccini T. 1811 [ante] (BU, ms. 46) Puccini T., Dialoghi sulle Vite di pittori del Vasari, 1811 [ante] (BU, ms. 46), c. 176 nota a
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Ferri P. N. 1895-1901 (GDSU, coll. n. 72) Ferri P. N., Catalogo dei disegni cartoni e bozzetti esposti al pubblico nella R. Galleria degli Uffizi ed in altri Musei di Firenze compilato da Pasquale Nerino Ferri ispettore preposto al Gabinetto dei disegni e delle stampe nella detta Galleria, 1895-1901 (GDSU, coll. n. 72), c. 81v, cornice 295 n. 404
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Agosti G. 2005 Agosti G., Su Mantegna, Milano, 2005, pp. 59, 317-319, fig. 136
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Agosti G. 2008 Agosti G., VII. Autour de "La Vierge de la Victoire", in Agosti G./ Thiébaut D., Mantegna 1431-1506, catalogo mostra Paris, Musée du Louvre 2008-2009, Milano 2008, p. 291
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Faietti M. 2010 Faietti M., "Gorgoneion" mantovano, in Artibus et Historiae, XXVIII, 2010, p. 35, 41 nota 25, fig. 11
Faietti M. 2011 Faietti M., Il disegno padre delle arti, i disegni degli artisti, il disegno delle «Vite». Intersecazioni semantiche in Vasari scrittore, in Faietti M./ Griffo A./ Marini G. , Figure, memorie, spazio. La grafica del Quattrocento appunti di teoria conoscenza e gusto, catalogo mostra Firenze, Gabinetto Disegno e Stampe degli Uffizi 2011, Firenze 2011, p. 27, fig. 5
Lucco M. 2013 Lucco M., Mantegna, Milano, 2013, pp. 284, 348-350, fig. 5
Petrioli Tofani A. 2014 Petrioli Tofani A., L'inventario settecentesco dei disegni degli Uffizi di Giuseppe Pelli Bencivenni. Trascrizione e commento, Firenze, 2014, v. II p. 886 n. 2
Faietti M. 2018 Faietti M., Allegorie su carta. I disegni indipendenti di Andrea Mantegna e Francesco Francia, in Bohde D./ Nova A., Jenseits des "disegno": die Entstehung selbständiger Zeichnungen in Deutschland und Italien im 15. und 16. Jh., Petersberg ,2018, pp. 217-219
Faietti M. 2023 Faietti M., L'atlante dei fogli perduti, in Faietti M./ Schmidt E. D./ Targia G./ Wolf G., Camere con vista. Aby Warburg, Firenze e il laboratorio delle immagini, catalogo mostra Firenze, Gallerie degli Uffizi 2023, Firenze 2023, p. 280