Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
In base a quanto riportato da Orazio Marrini nella biografia dell’abate Antonio Pazzi, risalirebbe al 1752 il progetto di quest’ultimo, destinato a corredare con un catalogo a stampa la sua collezione di autoritratti di pittori. Ciò significa che a quella data, l’abate aveva già acquisito la raccolta appartenuta al medico pistoiese Tommaso Puccini, scomparso nel 1727. L’entità di quest’ultima ci è nota grazie a una lista stilata dallo stesso Puccini e pubblicata da Giovanni Leoncini (1978); nel documento sono elencate novantacinque opere (si noti però che sei nomi compaiono due volte), di cui settantaquattro passate certamente nelle mani di Pazzi. Si tratta di quadri di qualità disparata: accanto a pezzi notevoli e certamente originali – tra cui gli autoritratti di Domenico Ferretti e di Cristoforo Munari –si ritrovano dipinti di artisti pressoché sconosciuti, copie e falsi. Secondo Silvia Meloni Trkulja (1978), un criterio iconografico poco rigoroso venne adottato anche dall’abate che, con ogni probabilità, sottopose a un “travestimento’ doloso” alcune opere, forse modificando i nomi di quei diciotto quadri di provenienza Puccini non rinvenuti nella sua collezione. Frutto di un tale intervento potrebbero essere le effigi dei pittori del Cinquecento, ovvero Perin del Vaga e Bartolomeo Ramenghi , e di diversi artisti del primo Seicento, tra cui Gregorio Pagani e Lionello Spada ; lo scopo di questi inserimenti è, verosimilmente, quello di dare alla serie “un taglio simile a quella Granducale” e, allo stesso tempo, di colmarne alcune mancanze (Meloni Trkulja 1978, p. 85). Nel corso degli anni Pazzi arricchì il nucleo Puccini, soprattutto con l’ingresso di ritratti di artisti a lui contemporanei o di una generazione precedente, arrivando a possedere circa centoventi pezzi. Contemporaneamente agli acquisti, l’abate procedeva al completamento del catalogo che avrebbe aumentato sensibilmente il prestigio della sua raccolta. Il lavoro, che si protrasse per più di un decennio, portò alla pubblicazione della “Serie di ritratti di celebri pittori dipinti di propria mano in seguito a quella già pubblicata nel Museo fiorentino esistente presso l’Abate Antonio Pazzi”. L’opera si compone di due volumi, ognuno dei quali recanti cinquanta incisioni, realizzate dallo stesso abate; la stesura delle biografie dei pittori effigiati venne, invece, affidata a Orazio Marrini. Il primo libro, già edito nel 1764, fu ristampato l’anno successivo con l’aggiunta di una dedica a Pietro Leopoldo d’Asburgo Lorena – appena eletto Granduca di Toscana – e alla consorte Maria Luisa di Borbone; il secondo non venne terminato prima del 1769, periodo cui risale l’esecuzione degli autoritratti di Giuseppe Hickels e di Francisco Preciado de la Vega lì riprodotti . Come si evince sin dal titolo, Pazzi ideò il catalogo come una prosecuzione del grandioso progetto editoriale del ‘Museo Florentinum’ (1731-1762), formato da dieci tomi nei quali si illustrano le antichità e le opere d’arte custodite presso la Galleria degli Uffizi . Il riferimento di Antonio va, nello specifico, agli ultimi quattro libri, dedicati alla riproduzione della celebre raccolta di autoritratti, alla cui realizzazione egli aveva collaborato in qualità di incisore . La prosecuzione ideale immaginata da Pazzi con la serie degli Uffizi divenne, nel giro di pochi anni, reale; nel 1768, infatti, Pietro Leopoldo acquistò per la Galleria la maggior parte della sua collezione: ben centododici ritratti vengono accuratamente elencati in una nota della Guardaroba generale granducale risalente al 10 maggio di quell’anno (cfr. Printz 1971). Nel documento è apposta un’interessa postilla, in cui si segnala che l’abate tratteneva “presso di sé”, allo scopo di “disegnarli”, il suo autoritratto e quelli di Anna Piattoli, di Madallena Baldacci e di Filoteo du Flos. Le incisioni risultano poste al termine del secondo volume, insieme ad alti nove dipinti che non compaiono nella lista della Guardaroba . Sul finire del 1775, Pietro Leopoldo decise di entrare in possesso dell’intero impianto del ‘Museo Florentinum’, procurandosi anche i disegni ‘originali’, all’epoca conservati presso l’editore Gioacchino Pagani. Dal momento che il catalogo della raccolta Pazzi era ormai ritenuto parte integrante di quella collana, il granduca volle comprare anche i fogli realizzati dall’abate per le sue incisioni (invv. 4392 F - 4491 F) . Le trattative furono seguite dall’allora Direttore della Galleria Giuseppe Pelli Bencivenni che, in un promemoria del 14 dicembre 1775 indirizzato al Granduca, giudicò i disegni dell’abate di fattura inferiore a quelli del “Museo” e di scarso valore commerciale in quanto già usati . Questo giudizio così severo non corrisponde però alla realtà. Gli studi, infatti, non presentano significativi segni di ripasso o di usura e allo stesso tempo appaiono rifiniti e di buona qualità; molto probabilmente essi servirono da modello per la creazione di altri fogli da utilizzare per l’esecuzione delle incisioni. La loro disposizione all’interno di due volumi, dove sono ancora oggi conservati, è sicuramente successiva al 1768, in quanto nel titolo apposto sul frontespizio i ritratti risultano conservati in Galleria e non di proprietà di Pazzi . Forse, i tomi vennero rilegati proprio in vista del loro ingresso in galleria, avvenuto il 15 gennaio 1776, come indicato dalla data aggiunta nella pagina iniziale; d’altra parte in quell’anno si rilegarono anche tutti i tomi del ‘Museo Florentinum”. Non sappiamo, però, se la loro composizione fu eseguita dal personale interno degli Uffizi o se venne richiesta allo stesso Pazzi. Indubbio è, invece, il fatto che i disegni siano stati considerati dall’abate, ma anche dal Granduca e da Pelli, come opere autonome, con un proprio valore artistico e un proprio mercato. (Roberta Aliventi, 2023).