Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Se questo studio di figura nuda è stato da tempo rintracciato nel carteggio tra il Cardinale Leopoldo de’ Medici e il suo agente bolognese Annibale Ranuzzi, tra i disegni comprati dal Cardinale nel 1674 , la sua successiva collocazione nel Libro Particolare II, un volume monografico di disegni ritenuti di Raffaello, non è testimoniata dal ‘Catalogo dei disegni’ di Giuseppe Pelli Bencivenni [1775-1793] : l’inventario descrive infatti solo parzialmente il contenuto dei libri seicenteschi. È tuttavia possibile desumere la presenza del foglio al numero 23 del Particolare II grazie ad altre fonti antecedenti allo smembramento dei volumi : una richiesta di copia avanzata da Domenico Balsimelli nel 1778 e un brano del viaggio in Italia di Karl Morgenstern, compiuto nel 1809 e pubblicato nel 1813 . L'opera degli Uffizi è uno degli studi di Raffaello per la 'Visione della Croce' e 'Adlocutio' della Sala di Costantino, commissionata nell’autunno-inverno del 1518-1519 o, al più tardi, nella primavera del 1519. Il modello al Louvre raffigurante un ‘Papa con un libro dentro una nicchia e altre figure’ (inv. 4304 link ) testimonia la travagliata gestazione del ciclo costantiniano: realizzato in circa cinque anni, supera la scomparsa di Raffaello e del committente Leone X, l’arresto dei lavori durante il pontificato di Adriano VI, per essere completato sotto papa Clemente VII. Il disegno parigino, in coerenza con la pittura, anticipa l’assetto generale dell’architettura e della disposizione delle figure, ma mostra sostanziali punti di distacco dall’esecuzione: l’identità dei personaggi, l’effetto tridimensionale e alcuni particolari (gli angeli che illuminano il papa con candelabri, le cariatidi alate e i drappi che pendono dai pilastri). Tutti caratteri che descrivono uno stadio avanzato del cantiere, il quale non prevedeva ancora le grandi scene storiche fintamente dipinte su arazzi, soluzione escogitata forse dagli allievi . Sono anni in cui Raffaello delega il lavoro, sfruttando le capacità individuali degli assistenti e riducendo il suo contributo personale, per concentrarsi sull’invenzione e supervisione . Una dinamica che ha comportato numerosi dibattiti attributivi riguardanti i disegni preparatori e le pitture della sala . Infatti, nel caso del progetto del Louvre, raffigurante una parte del sistema decorativo ideato da Raffaello per la stanza, l’autografia è tuttora combattuta tra il maestro e il giovane Penni . Il foglio del Louvre, decurtato sul lato, è rapportato ai disegni per la Visione della Croce (Adlocutio) di Chatsworth (inv. 175) e la Battaglia di Costantino del Louvre, ipotizzando potesse far parte di un modello complessivo per una delle pareti della sala. Si tratta di opere che permettono di ricostruire il progetto originario, che simulava un’ambiente aperto in cui le pareti, trasformate in spettacolari vedute sulla Roma antica, dipanavano all’interno episodi della vita di Costantino: la storia dell’impero e della Città Eterna veniva quindi assimilata al magistero petrino . Tutto il ciclo racconta la centralità di Roma: dai soggetti ai modelli iconografici e stilistici, presentando una stretta corrispondenza tra la tematica religiosa e quella storico-politica . Le scene costantiniane sono infatti inquadrate da poderosi pilastri che, simili a delle quinte, ospitano un corteo di virtù a corredo di pontefici (in origine da Pietro a Silvestro I), posti sotto a baldacchini e inscritti, a loro volta, entro una monumentale nicchia finta. Una narrazione determinante per il classicismo rinascimentale, in quanto le allegorie, che mostrano la dignità suprema dell’istituzione, trascendono le personalità dei singoli titolari per elevare i papi a veri e propri eroi antichi . Ogni elemento nel programma di Raffaello era interpretato con stile monumentale: la grammatica architettonica tradizionale cedeva il passo a pilastri privi di capitello, ad architravi lignei e membrature possenti con giochi di pieni e vuoti. Si tratta di una partitura non convenzionale, salda e semplificata, che l’artista elabora in Villa Madama , ma desume dai monumenti classici . In questi ultimi anni, Raffaello tende a sviluppare un linguaggio romano derivante dalle arti e dalle architetture comprese tra la metà del II e gli inizi del IV secolo . La romanità, infatti, non è riprodotta per sovrabbondanza citazionistica, ma è frutto di un’assidua osservazione degli edifici dell’Urbe : gli archi di trionfo (come quello di Costantino) e le colonne coclidi (come quella Traiana e Aureliana, il cui interesse è citato da Vasari nella Vita di Giulio Romano). L’antico è assimilato nella forma e nel contenuto: nella Sala di Costantino, come nella Colonna Aureliana, gli episodi di battaglie e di adlocutiones sono affiancati a eventi prodigiosi resi con acume plastico e chiaroscurale, che enfatizza le singole figure. Le ricerche sugli altorilievi tardo-imperiali influenzano i disegni preparatori, come lo Studio di figure per l’“Allegoria della Carità” (dipinta alla sinistra di papa Urbano I sulla parete sud; Oxford, Ashmolean Museum, WA1846.294 link ) e lo Studio di figura nuda in esame, preparatorio al soldato con le insegne nella scena dell’Adlocutio. In questi casi la pietra rossa è sostituita da quella nera, rifinita con lumeggiature bianche, in modo da favorire un modellato ricco di contrasti e forme solide, pur mantenendo un movimento fluido . Un esito che, senza rinunciare all’espressiva monumentalità classica, conduce l’artista a emendare addirittura il modello antico: alla fine del II secolo, infatti, le figure sono disarticolate e perdono di naturalezza . Nello studio per la Carità a Oxford, come nel foglio di Francoforte (Städel Museum, inv. 421 link ), le sfumature della pietra enfatizzano la rotondità del gruppo, trasmettendo all’osservatore la tridimensionalità e il peso concreto della composizione . La presenza fisica è ugualmente trasmessa nel foglio in esame e in un altro studio di figura nuda al Louvre (inv. RF 1071 link ), dai quali affiora una vigorosa interiorità, perduta nella versione pittorica definitiva . Il pathos delle figure raffaellesche – sintomo di quell’inquietudine spirituale propria dalla Chiesa del Cinquecento e dell’impero del II secolo – doveva echeggiare nella spazialità espansa delle vedute paesaggistiche e architettoniche dalla sala vaticana. Infine, i calibrati contrasti chiaroscurali all’antica trovano ulteriore giustificazione negli effetti luministici che dovevano impreziosire la versione dipinta: nell’intenzione del maestro, i disegni erano preparatori a una pittura muraria a olio . Invece, nel foglio degli Uffizi il tratteggio minuzioso, che separa nettamente luci e ombre, non può celare derivazioni da stampe coeve . (Marco Braghin 2020; ricostruzione della provenienza del foglio, integrazioni e aggiornamenti bibliografici di Laura Da Rin Bettina, gennaio 2022)