Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
L’inventario ottocentesco del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi ci restituisce una sintetica ma chiara descrizione del soggetto trattato sul recto del foglio: “Tre Santi in piedi. Nel mezzo è S.a Caterina d’Alessandria con lo sguardo rivolto al cielo, e le mani appoggiate sullo strumento del suo martirio. A destra un S.o Monaco con una mano al petto, tenendo alzato con la sinistra un lembo della cocolla; ed a sin.a una giovane santa ammantata, con un libro nella mano manca ed una piuma nella destra” . Oltre alla giovane Caterina, facilmente individuabile grazie alla presenza della ruota divenuta attributo iconografico consueto (ma nel nostro caso curiosamente senza denti), sono riconoscibili San Girolamo in abiti monacali e Santa Cecilia con la corona di rose in capo e un oggetto nella mano sinistra che, dubitando di quanto proposto da Pasquale Nerino Ferri nello schedario manoscritto, potrebbe non essere un libro bensì parte di un piccolo organo portativo a canne, suo simbolo ricorrente. Il foglio reca sul verso del controfondo iscrizioni a matita nera di natura inventariale e di mano ottocentesca, accanto a un rapido tracciato a pietra rossa nel quale è possibile riconoscere un profilo umano volto a destra, concluso da una forma allungata non facilmente interpretabile. Considerando le difficoltà, talvolta irrisolvibili, di ritrovare la menzione certa di una determinata opera tra carte d’archivio, inventari o carteggi antichi, è degna di nota l’identificazione (inequivocabile) del nostro foglio tra i disegni spediti da Bologna al cardinal Leopoldo de’ Medici, ed enumerati nella lunga lettera di accompagnamento scritta dal bolognese Annibale Ranuzzi in data 6 gennaio 1674 (Lista di Annibale Ranuzzi 1993). Nel testo della missiva l’agente bolognese forniva l’elenco di un “invoglio D di 175 pezzi già compro” comprendente in massima parte disegni di artisti emiliani. La nostra carta, l’attuale 580 E, viene descritta al numero 81 come una “S. Catarina e duoi altri Santi, di penna”, mentre un secondo disegno (odierno inv. 579 E sempre agli Uffizi), risulta contrassegnato al numero 40 come un “Angelo di penna” . Annibale Ranuzzi, che corrispose con Leopoldo fino al 1675, anno di morte del cardinale , riteneva il disegno in esame di mano di “Pietro Perugino, se non del Costa”, escludendo dunque il nome di Francia, autore che comunque aveva dimostrato di conoscere piuttosto bene e di saperlo individuare con occhio esperto, come dimostra nella medesima occasione la proposta di attribuzione al bolognese dell’“Angelo di penna” riconosciuto di mano del “Francia, quando non fosse di Piero Perugino”. L’inv. 580 E, oggi correttamente ricondotto al nome di Francesco Raibolini detto Francia, salvo alcuni dubbi sollevati da Nicosetta Roio (1991; Negro/ Roio 1998) per la quale, vista la non eccelsa qualità potrebbe trattarsi di una replica di bottega, risulta citato per la prima volta nei cataloghi della collezione fiorentina dal direttore Antonio Ramirez di Montalvo, che nel 1849 lo descriveva con dovizia di particolari tra i disegni dei “Maestri di tutte le scuole d’Italia” . Doveva trattarsi di un pezzo tenuto in alta considerazione, certamente di carattere esemplare, se si considera che fu selezionato all’interno di un nucleo grafico immenso, incorniciato ed esposto dal 1854 nelle sale in fondo al corridoio di Ponente della Galleria fiorentina e in seguito, tra il 1867 e il 1890, lungo il Corridoio Vasariano di Ponte Vecchio . L’opera fa parte di un importante nucleo di disegni preparatori per dipinti cronologicamente individuabili tra gli anni Novanta del Quattrocento e il primo decennio del Cinquecento, oggi suddivisi tra il Staatliche Museen di Berlino (Kupferstichkabinett, inv. K.d.Z. 5221), il Louvre di Parigi (Département des arts graphiques, inv. R.F. 550 recto link) il British Museum di Londra (Department of Prints and Drawings, inv. 1860,0616.71 link) e il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, oltre al foglio in esame, ricordiamo i disegni invv. 1448 F, 1449 F, 579 E e l’inv. 1430 degli Esposti (per quest'ultimo cfr. ‘L’Amico rivisitato’mostra online) . Si riferisce per la precisione alla pala con la ‘Madonna e Bambino in gloria e i Ss. Geminiano, Francesco, Cecilia, Caterina, Girolamo e Ludovico da Tolosa’, realizzata dal Francia nel 1502 per la chiesa di Santa Cecilia dei Minori Osservanti fuori la cinta di Modena, e andata distrutta nell’incendio della Flakturm Friedrichshain di Berlino che nel maggio del 1945 coinvolse anche il Kaiser-Friedrich Museum, dove l’opera era entrata nel 1821 con la collezione di Edward Solly (inv. n. 122) . Il disegno fiorentino ne studia solo tre figure, preparatorie per i Santi centrali in primo piano i quali, soprattutto osservando la particolare disposizione circolare e la posa estatica di Santa Caterina con gli occhi rivolti al cielo, sono stati individuati come possibile spunto, quasi “un presentimento”, per la spettacolare ‘Estasi di Santa Cecilia’ dipinta da Raffaello circa dieci anni più tardi per la cappella della Beata Elena Duglioli dall’Olio in San Giovanni in Monte Uliveto (ora Galleria Nazionale di Bologna, inv. 577) . Peccato aver perduto l’opera dipinta – purtroppo non l’unica dispersa nella cospicua produzione pittorica del Francia ricordata dalle fonti –, che sappiamo trasferita nel 1535 circa in Santa Margherita entro le mura di Modena, poiché ci avrebbe consentito di afferrare appieno il complesso progetto compositivo ideato dall’artista, impegnato in questa fase preparatoria nello studio del ritmico disporsi delle figure, nella resa della loro reciproca interrelazione e tra queste ultime e lo spazio . Permane la forte matrice peruginesca, che connota buona parte della produzione grafica e pittorica del Francia il quale, attivo a Bologna anche come orafo, dimostra di saper fondere tra loro diverse correnti della pittura italiana dello scadere del Quattrocento, del Perugino, in primo luogo, ma anche dell’area veneta belliniana. Per confermare il primo aspetto è sufficiente un semplice confronto con opere del Vannucci, come la celebre ‘Madonna in gloria con i Ss. Michele Arcangelo, Caterina d’Alessandria, Apollonia e Giovanni Evangelista’ del 1500 circa per San Giovanni in Monte (oggi in Pinacoteca Nazionale a Bologna, inv. 579), testimone esemplare della diffusione al Nord di quella nuova “dolcezza ne’ colori unita” che secondo Giorgio Vasari “la cominciò ad usare nelle cose sue il Francia Bolognese e Pietro Perugino”, e che a detta dell’Aretino “i popoli nel vederla corsero come matti a questa bellezza nuova e più viva, parendo loro assolutamente che è non si potesse già mai far meglio” . È questa la fase di maggior influenza di Perugino su Francia, o se vogliamo, della sua “maniera” più umbra. L’atmosfera devozionale, in parte determinata dall’intreccio tra sottili richiami antichi e forti ascendenze peruginesche che, come indicato da Ilaria Rossi e Raimondo Sassi, “contribuisce a qualificare lo spazio della rappresentazione come sacro” (Firenze 2011), è garantita anche dalla attenta e meditata postura delle figure, colte in atteggiamenti ricercati e di classica compostezza. Sono pose che ricorrono frequentemente nella produzione franciana, come ad esempio nella dolcissima Vergine dell’‘Annunciazione’ della Cappella Vasselli in San Petronio a Bologna o nella ‘Allegoria del silenzio’ dell’Ashmolean Museum di Oxford (WA1940.6) che, analogamente al nostro foglio, ci consegna figure di solida fisicità ma sublimate da atteggiamenti, gesti, posture di grazia e dolce declinazione, e che non possiamo escludere mutuate dallo studio di prototipi antichi, soprattutto sculture e bronzetti di piccole dimensioni (Warren 1999). Il foglio degli Uffizi mostra una ricca casistica di variazioni posturali ed espressive; San Girolamo peraltro, fatta eccezione per la diversa rotazione della testa, presenta soluzioni di impostazione gestuale e drappeggi dalle abbondanti cadenze, verosimilmente esemplate sulla statuaria antica, analoghi a quelli riproposti per lo stesso Santo nella tavola con ‘Madonna in trono tra Lorenzo, Girolamo e angeli’, oggi all’Ermitage di San Pietroburgo. Per quanto concerne gli ampi elaborati panneggi, che riflettono il superamento delle iniziali influenze tardo-quattrocentesche e il raggiungimento di un proto classicismo riconoscibile nelle opere di inizio Cinquecento, si segnalano riscontri con ulteriori prove grafiche di Francesco Francia, quali l’Angelo annunciante del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 579 E) e la Madonna col Bambino della Biblioteca Marucelliana di Firenze (inv. Dis A5), attribuita alla cerchia del Francia da Marco Chiarini nel 1983 . La fortuna dei modelli franciani nella produzione grafica di Marcantonio Raimondi, come messo in luce in diversi e puntuali contributi di Marzia Faietti, trova qui ulteriore conferma: due figure presenti nella perduta opera di Berlino (o direttamente dal disegno, questo non possiamo escluderlo a priori), furono riprodotte in controparte e con significative varianti in una bellissima stampa di Marcantonio del 1503-1504. Si tratta del bulino con ‘Santa Caterina d’Alessandria e Santa Lucia’ (Vienna, Albertina, inv. 1970/340; B. 121; P., v, 202, 3; D. 95), quest’ultima in sostituzione di Cecilia con un cambio di attributi e una maggiore inclinazione dello sguardo (nella stampa rivolto più in basso e non in direzione dello spettatore). Seppur le due opere siano legate senza possibilità di equivoco, molte sono le differenze; mentre nel dipinto, come nel disegno, le figure risultano avvicinate, nel bulino si opta per una maggiore distanza e “ciò in ragione di un principio di simmetria bilaterale della composizione, ribadito anche dai due alberi dello sfondo, che Marcantonio vuole salvaguardare” (Faietti in Bologna 1988), pur deducendo dal semicerchio dei Santi in primo piano nel dipinto soltanto due figure. La grafia del Raibolini è ferma, delicata, ricca di morbidezze pittoriche, in questo caso raggiunte anche grazie all’adozione dell’inchiostro diluito e alla flessibilità di uno strumento come il pennello, in grado di variare lo spessore della linea senza rotture nel tratto o nel movimento della mano. I punti di rialzo a biacca, usati soprattutto per la Santa a sinistra (in parte purtroppo ossidata), e il mezzo grafico adottato restituiscono particolari suggestioni luministiche che possiamo riscontrare in altri fogli del bolognese, come la già citata ‘Allegoria del Silenzio’ di Oxford, la ‘Madonna con Bambino in braccio, San Giovannino e altri quattro Santi in un paesaggio’ degli Uffizi (inv. 578 E, opera variamente assegnata a Francesco e al figlio Giacomo). (Cristina Casoli 2014, aggiornamento bibliografico gennaio 2015)