Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
Scheda Catalogo "598 E r."
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Scheda aggiornata al 26-09-2023
RECTO
inv. 598 E r.
Buonarroti Michelangelo (1475/ 1564)
La cosiddetta Zenobia
Tecnica e materia: pietra nera su carta
Misure: 357 x 252 mm
Stemmi, emblemi, marchi: timbro a inchiostro di collezione: Reale Galleria degli Uffizi (Lugt 930) in basso al centro
Iscrizioni
G. Gaeta: "Cfr. dipinto di Michele di Ridolfo riprodotto in 'Catalogo dell'arredamento esistente nella Villa Medicea La Ferdinanda di Artimino', vendita 4-8 ottobre 1969, p. 291, fig. 901 / G. Gaeta", sul vecchio montaggio
Notizie storiche e critiche
Giorgio Vasari nella seconda edizione delle ‘Vite’ ([1568] 1987) riferisce che Michelangelo aveva donato al suo amico Gherardo Perini tre disegni con teste a pietra nera descritte come “divine”. Lo storico aretino aggiunge, inoltre, che dopo la morte dello stesso Perini (1564) questi fogli sarebbero giunti nelle mani di Francesco I de’ Medici, che li teneva come gioielli. La notizia trova una puntuale conferma nell’inventario generale della Guardaroba medicea datato tra il 1560 e il 1567, con aggiunte fino al 1569, nel quale sono effettivamente descritti tre disegni di Michelangelo raffiguranti studi di teste in diverse attitudini, identificabili con quello in esame e con altri due fogli, a loro volta oggi agli Uffizi sotto il nome di Buonarroti (GDSU, invv. 599 E e 601), collocazione per tutti e tre documentata a partire dalla fine del Settecento (Pelli Bencivenni 1775-1793, GDSU, ms. 102, v. I “Bonarroti Michelang.o”, v. dei piccoli VII, nn. 50, 51, 52) .
Alla luce della documentazione storica, quindi, sembra del tutto plausibile che i tre studi di teste siano passati nella collezione degli Uffizi insieme al resto delle raccolte grafiche dei Medici (A. Petrioli Tofani in New York 2008) e che, pertanto, corrispondano al piccolo nucleo donato da Michelangelo a Perini probabilmente intorno al 1522, data a cui risale la corrispondenza nota tra l’artista e il giovane. Tuttavia, a partire dalla fine dell’Ottocento sono stati sollevati dubbi rispetto alla paternità michelangiolesca di tali disegni, che da alcuni studiosi sono stati ritenuti copie da originali di Buonarroti oggi perduti. In particolare lo studio in esame è stato assegnato a Francesco Ubertini, detto il Bachiacca, da Giovanni Morelli (1892) e alla figura fittizia di Andrea di Michelangelo da Bernard Berenson (1903). In seguito esso è stato trasferito a Bachiacca da Pasquale Nerino Ferri, l’allora responsabile delle raccolte grafiche degli Uffizi, che in un primo momento, però, aveva recepito il tradizionale riferimento, come risulta dagli inventari realizzati dallo stesso Ferri tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento (scheda storica; 1895-1901, GDSU, coll. n. 72). L’attuale classificazione sotto il nome di Michelangelo nel catalogo della collezione fiorentina risale alla seconda metà del secolo scorso ed è stata decisa da Giulia Sinibaldi, sulla scorta degli studi che nel frattempo erano stati prodotti (in particolare Wilde 1959) .
Si deve considerare che paradossalmente proprio l’alto grado di finitezza riscontrabile nella figura femminile al centro sul recto, caratteristica comune ad altri disegni da Michelangelo donati ai suoi amici, come ad esempio quelli da lui destinati a Tommaso de’ Cavalieri e a Vittoria Colonna, è stato la causa principale dei sospetti sulla loro effettiva genuinità (cfr. Bambach 2017, p. 139) . Non a caso gli studiosi che in tempi recenti hanno escluso il foglio in esame dal corpus di Michelangelo hanno espresso giudizi negativi sulla quasi totalità dei disegni molto finiti di tipo analogo . Tuttavia, attualmente simili posizioni risultano minoritarie nel campo degli studi, nei quali si può evidenziare, specialmente tra quelli rivolti all’opera michelangiolesca nel suo complesso, una consolidata e autorevole tradizione a favore dell’autografia di questa come delle altre prove grafiche destinate a Perini .
Sul recto del foglio la pietra nera è stata sfumata mediante sfregamento in quasi tutta la figura principale, come ad esempio nel viso, ma anche nei capelli, raccolti in una complessa acconciatura con copricapo, e in vaste zone del busto. La definizione delle forme è di conseguenza in gran parte affidata a una morbida ombreggiatura, che lascia trasparire il tratteggio solo in certi punti e tende ad assorbire anche il delicato contorno lineare. Si può rilevare un estremo controllo sui mezzi tecnici, per cui le zone in piena luce sono rese risparmiando la superficie bianca della carta e la gradazione dei passaggi chiaroscurali è ottenuta mediante la diversa pressione della pietra sul foglio. Ciò è evidente, ad esempio, nell’orecchio che si stacca dal resto della testa con forte rilievo plastico. Peraltro, sembra difficile ricondurre alla mano di un copista i contorni prospetticamente coerenti, per quanto delicati, ma anche i ripensamenti ben visibili nel naso e nel seno destro.
Precisa è anche la definizione prospettica delle due figure delineate intorno a quella principale, una testa maschile con elmo e barba in alto a destra e il viso di un bambino con un braccio appena abbozzato, nonostante tali personaggi siano eseguiti con tratti piuttosto sommari. La contrapposizione di due differenti livelli di elaborazione formale è riscontrabile anche negli altri disegni molto finiti di Michelangelo e costituisce una precisa scelta da parte dell’artista, che crea un interessante contrasto con il busto femminile al centro. Si è talvolta sostenuto che le due figure meno finite siano state aggiunte in un secondo momento , in realtà le indagini condotte dal CNR per conto del GDSU nell’agosto 2023 potrebbero far pensare che l’ultima finitura della figura della cosiddetta Zenobia si sovrapponga ad esse, come sembrerebbe di rilevare più distintamente nell’acconciatura che copre in parte l’uomo con elmo e barba . Questi due personaggi suggeriscono l’idea di un racconto, il cui senso per noi non è del tutto chiaro. Sono state proposte varie interpretazioni: quella tradizionale secondo cui la figura femminile ritratta al centro sarebbe Zenobia, la regina di Palmira, basata su un’iscrizione presente su una copia del foglio degli Uffizi appartenuta a Sir Joshua Reynolds (cfr. A. Rovetta in Milano 2015-2016); in epoca più recente i tre personaggi sono stati interpretati come ‘Venere, Vulcano e Cupido’ (Wilde 1959), oppure come ‘Venere, Marte e Cupido’ (Godscheider 1966; Hirst 1988; Sonnabend 2009; Perrig 2014); inoltre, il particolare copricapo della donna ha anche fatto pensare ad ‘Atena’ (De Tolnay 1976). Tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze nessuna di tali ipotesi è supportata da dati scientificamente certi, anche se ultimamente la storica identificazione come Zenobia sembra avere recuperato terreno (P. Joannides, in Firenze 2002; E. Capretti, in Roma 2014; A. Rovetta in Milano 2015-2016).
Si deve considerare che, pur essendo solitamente definito in letteratura come ‘presentation drawing’, in virtù della tecnica esecutiva particolarmente elaborata e finita, questo foglio probabilmente in origine era stato utilizzato nell’ambito della bottega di Michelangelo, dato che reca chiara traccia sul verso di esercizi riconducibili alla mano di un collaboratore. È possibile, quindi, che anche lo studio autografo del maestro sul recto avesse avuto inizialmente uno scopo didattico e solo in un secondo momento esso sia stato in parte rielaborato per essere donato. Sul verso in alto sono raffigurate due teste d’uomo con barba di profilo e in mezzo ad esse si vede il contorno appena accennato di un viso. Alcuni studiosi ritengono che nella testa alla sinistra e nello schizzo parziale di volto poco più a destra si possa scorgere l’intervento di Michelangelo, che avrebbe riquadrato questi due elementi, dandoli da copiare a un allievo, per alcuni identificabile in Antonio Mini, il quale avrebbe prodotto la replica dell’uomo con barba a fianco . Tale ipotesi non è stata, però, unanimemente recepita anche tra coloro che ritengono di Buonarroti il recto. Marzia Faietti (2023), infatti, si dice contraria a riconoscere la paternità michelangiolesca dei due profili inscritti nel riquadro, in virtù delle loro caratteristiche formali. Secondo quest’ultima studiosa anche il teschio nella parte inferiore del foglio, nel quale in passato si è voluto vedere un ulteriore intervento del maestro, sarebbe in realtà del collaboratore .
Occorre, infine, ricordare che il disegno sul recto ha goduto di una grande fortuna in campo artistico e se ne conoscono diverse copie (per tale aspetto si rimanda a A. Rovetta in Milano 2015-2016 e A. Alberti in ibidem). (Raimondo Sassi, settembre 2023)
Mostre
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New York 2008 Petrioli Tofani A., Michelangelo, Vasari, and their contemporaries drawings from the Uffizi, catalogo mostra New York, Pierpont Morgan Library 2008, New York 2008, pp. 4-5 n. 2 (scheda a cura Petrioli Tofani A.)
Bonn 2013 Bronfen E./ Lulinska A., Kleopatra. Die ewige Diva, catalogo mostra Bonn, Kunst- und Ausstellungshalle der Bundesrepublik Deutschland 2013, Bonn 2013, p. 179, ripr. a p. 179
Roma 2014 Acidini C./ Capretti E./ Risaliti S., Michelangelo. Incontrare un artista universale, catalogo mostra Roma, Musei Capitolini 2014, Firenze 2014, p. 319 n. VII.1 (scheda a cura di Capretti E.)
Milano 2015-2016 Alberti A./ Rovetta A./ Salsi C., D'Après Michelangelo, catalogo mostra Milano, Castello Sforzesco, Antico Ospedale spagnolo 2015-2016, Venezia 2015, pp. 63-73 , ripr. a p. 62, fig. 1 (scheda a cura di Rovetta A.)
Bibliografia
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