Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie degli Uffizi
L’antica iscrizione sul verso e le fonti inventariali sei-settecentesche ascrivono a Daniele da Volterra il disegno, proveniente dalla raccolta grafica di Leopoldo de’ Medici . All’inizio del Novecento Pasquale Nerino Ferri spostò il foglio nel fondo di Pellegrino Tibaldi, riconoscendone il legame con gli affreschi in Palazzo Poggi a Bologna (cfr. correzioni e appunti sulla scheda storica). La tradizionale attribuzione a Daniele da Volterra è un esempio della frequente e reciproca confusione attributiva che grava sui disegni di Ricciarelli e Tibaldi (Hirst 1967), dovuta certamente alle tangenze tra i due artisti: a Roma Pellegrino lavorò anche nella cerchia di Daniele da Volterra e, in particolare, come documentato, nel cantiere della Cappella della Rovere in Trinità dei Monti (1548-1550). Il giovane, anche se ormai avviato artista ebbe modo di visionare e studiare le opere grafiche di Ricciarelli, da cui derivano le somiglianze stilistiche tra i due disegnatori: simili sono, infatti, il tratteggio fine, che esalta la tridimensionalità delle figure, e l’accurata analisi delle luci e delle ombre. Lo studio è preparatorio per l’Ira di Polifemo, affrescato in un riquadro sulla volta del salone al pian terreno di Palazzo Poggi (1550-1551 circa) . Nell’affresco, Tibaldi interpreta liberamente il passo del Libro IX dell’Odissea, condensando in un’unica scena la fuga di Ulisse e dei compagni dall’antro di Polifemo mediante lo stratagemma dei montoni, con l’ira del ciclope, rappresentato mentre scaglia un masso nel tentativo di affondare l’imbarcazione degli Achei. Discostandosi dalla fonte letteraria, l’artista non raffigura montoni veri, bensì solo pelli lanose con cui l’eroe e i compagni si coprono per fuggire dalla caverna: si tratta di una variante piuttosto rara, che nel Cinquecento si ritrova solamente in Palazzo Ricci-Sacchetti a Roma. L’ideatore del programma iconografico, Tibaldi o chi per esso, pare riproporre, piuttosto che il racconto omerico, la sintesi del Boccaccio presente nella ‘Genealogia deorum gentilium’: “Ma il Ciclope addolorato, levata la macina dalla boccha dell’antro […] toccava ciascuna delle pecore sulla schiena, ad una ad una lasciandole uscire: onde Ulisse insieme con i compagni vestiti di pelli di morti montoni, quadrupedi uscirono dalla spelonca tra l’altro grege senza essere da Polifemo conosciuti: e così tutti lieti con delle pecore del Ciclope se n’andarono alle sue navi: onde quello accortosi dello inganno trasse quel gran sasso verso la nave di Ulisse” . L’artista si è concentrato sulla figura di Polifemo e, in particolare, sul busto, quasi una riproposizione del famoso Torso del Belvedere. Nella sua accurata definizione, l’opera si avvicina molto ai “disegni finiti” di Michelangelo , anche se alcune parti come la testa, le gambe e i piedi sono solo parzialmente delineate, mentre il braccio destro manca del tutto. La figura di Polifemo sembra sospesa, nell’assenza di ogni tipo di ambientazione – come la lastra di pietra su cui è seduto nell’affresco – secondo una prassi disegnativa propria di Michelangelo e successivamente adottata da diversi artisti, tra cui, non a caso, Daniele da Volterra, il principale mediatore della maniera di Buonarroti per Tibaldi. La collocazione della figura nello spazio è suggerita solo dalle ombre rese con un fitto tratteggio parallelo, come quella proiettata dalla gamba destra, assente nella trasposizione ad affresco. Si conservano diversi disegni di Pellegrino risalenti alle fasi più avanzate della progettazione grafica e simili al nostro per l’alto livello di finitura, spesso per la tecnica impiegata – la sola pietra rossa – e, in alcuni casi, per l’antica attribuzione a Daniele da Volterra. Alcuni sono databili prima della decorazione in Palazzo Poggi, come la ‘Testa di un pastore’ al British Museum, preparatoria per l’Adorazione Borghese ; altri sono stati realizzati negli anni della commissione bolognese, come ‘Eolo’ al Louvre link , ‘Eolo’ al Metropolitan Museum of Art di New York link , la ‘Figura maschile seduta’, alla Morgan Library link ; il ‘Nudo maschile seduto’ allo Statens Museum for Kunst, Copenaghen ; altri ancora sono invece successivi, come ‘San Paolo, Sant’Agostino e un angelo’ al Louvre link . Nel corpus di Tibaldi, inoltre, sono presenti altri studi per la figura di Polifemo a Palazzo Poggi: in un foglio alla Kunsthalle di Amburgo (inv. 1297) link la figura è anch’essa priva del braccio destro, mentre il volto appare più definito e avviato verso la redazione finale rispetto al disegno agli Uffizi . Un’ulteriore versione, recante un’antica attribuzione a Daniele da Volterra, è stata segnalata in una collezione privata . Sembra dunque che Tibaldi abbia realizzato diversi studi preparatori per il personaggio del ciclope, vicini alla redazione ad affresco, mentre non sono per il momento noti disegni d’insieme per l’intero episodio. In un’incisione di Jan de Bisschop del 1670, che in passato si riteneva derivata dal foglio degli Uffizi , ma che è probabilmente tratta dallo studio ad Amburgo , la composizione è ritenuta un’invenzione di Michelangelo, disegnata da Daniele da Volterra (“M.A. Bon. Inv., Dan. D. Volterra d.”) . Del resto, il legame di Tibaldi con Michelangelo è stato messo in luce anche dalla critica moderna, e proprio in Palazzo Poggi l’artista giunge alla massima adesione alla maniera di Buonarroti . Nella posa delle gambe, con la sinistra sollevata quasi parallela al suolo, e nella possente muscolatura il Polifemo può essere accostato al San Bartolomeo del Giudizio Universale (Valli 2024). L’affresco sistino fu scoperto nel 1541 e Tibaldi, che sicuramente lo vide di lì a qualche anno, si mostrò particolarmente ricettivo nei confronti delle invenzioni michelangiolesche, che non riprese però mai pedissequamente, come è possibile notare già nell’Adorazione del Bambino alla Galleria Borghese di Roma, del 1548-1549 circa . Si conservano almeno due copie, di modesta fattura, dall’affresco di Tibaldi, una alla Royal Collection di Windsor (Inv. RCIN 905968) e l’altra all’interno del fondo del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe agli Uffizi (inv. 4119 S, cfr. scheda relativa). (C. Valli, L. Da Rin Bettina, marzo 2024)